Sommario
Tecnica e scienza
Genialità e desiderio di conoscenza - Introduzione Il prodigio della macchina a vapore Il segreto del successo tecnologico inglese

Il segreto del successo tecnologico inglese


L'autore
Joel Mokyr

Joel Mokyr (1946) è uno storico statunitense interessato alla storia della tecnologia. Insegna presso la Northwestern University e tra i suoi scritti ricordiamo: L’economia della rivoluzione industriale (1985); Storia di venticinque secoli di cambiamento tecnologico (1990); Leggere la rivoluzione industriale. Un bilancio storiografico (1997).

Il successo tecnologico inglese non derivò dalle macro invenzioni bensì dalla realizzazione di piccole invenzioni scaturite da grandi idee.

Se si è d’accordo che alla base della rivoluzione industriale ci fu qualcosa che chiamiamo creatività tecnologica, allora è opportuno interrogarsi sui fattori che ne furono responsabili. Tanto per cominciare, la Gran Bretagna non pare aver goduto un vantaggio particolare nella realizzazione di macroinvenzioni: un gran numero di queste ultime venne realizzato all’estero, in particolare in Francia. [...] Qualsiasi periodo di efficace creatività tecnologica richiede sia salti di qualità fondamentali che piccoli miglioramenti incrementali, spesso anonimi, che hanno luogo nell’ambito di tecniche note. La chiave del successo tecnologico britannico fu il suo vantaggio relativo in fatto di microinvenzioni. [...] Le prove a favore dell’affermazione secondo cui il vantaggio relativo della Gran Bretagna risiedeva nel perfezionamento piuttosto che nell’originalità derivano in parte da fonti contemporanee. Un commento frequentemente citato è quello di uno stampatore di calicò1 svizzero che nel 1766 osservò che un oggetto, per essere perfetto, doveva essere inventato in Francia e rielaborato in Inghilterra. [...] Una verifica dell’ipotesi che la Gran Bretagna godesse di un vantaggio relativo in fatto di microinvenzioni è nell’instaurazione di flussi commerciali netti. Le economie tendono a specializzarsi nell’area in cui dispongono di un vantaggio relativo. L’economia britannica, parlando per approssimazione, era importatrice netta di macroinvenzioni ed esportatrice di microinvenzioni e perfezionamenti minori. Naturalmente dobbiamo considerare tale specializzazione come una tendenza generale, ma a grandi linee la distinzione regge.

Alla vigilia della rivoluzione industriale la Gran Bretagna non era ai primi posti del mondo scientifico né poteva vantare un sistema educativo particolarmente efficiente.

 

1- Calicò: tessuto di cotone grezzo.

Macchine che cardano e tingono il cotone nella versione meccanica di una fabbrica a Lancashire, in Inghilterra.

[…] La Gran Bretagna formava la maggior parte dei suoi ingegneri e meccanici attraverso il tradizionale sistema di apprendistato, senza affidarsi a un’istruzione formale specifica. In un campione di 498 scienziati applicati e ingegneri nati tra il 1700 e il 1850 […] 329 (circa i due terzi) non ebbero alcun tipo di istruzione universitaria.

Eppure si trattava di persone che avevano sete di conoscenze tecniche, applicate e pragmatiche, che desideravano sapere come fare le cose e come farle a buon mercato e durevoli. Alcuni di essi studiarono presso le università scozzesi o le accademie dissenzienti, ma molti erano autodidatti o avevano acquisito le loro conoscenze frequentando personalmente esperti, biblioteche, conferenzieri itineranti e istituti di meccanica. […] Nella misura in cui i progressi tecnologici non richiedevano una comprensione di fondo delle leggi della fisica o della chimica su cui erano basati e potevano essere realizzati da brillanti ma intuitivi meccanici e tenaci sperimentatori, la capacità britannica di creare o adattare nuove tecnologie fu somma. […] Inoltre, alcune delle industrie specializzate in Gran Bretagna prima del 1760 richiedevano abili meccanici. La manifattura di orologi e strumenti, le costruzioni navali, la fabbricazione del ferro, la stampa, la finitura della lana e l’attività estrattiva richiedevano un livello di competenze tecniche che riuscirono utili quando si trattò di tradurre nuove idee da progetti a modelli e da modelli a prodotti reali. […]

Dietro i grandi ingegneri, c’era la schiera molto più numerosa di artigiani e meccanici qualificati, dalla cui abilità e destrezza dipesero i massimi inventori e il successo tecnologico britannico. Questi lavoratori sconosciuti ma capaci assicurarono un flusso cumulativo di anonime e piccole ma indispensabili microinvenzioni senza le quali la Gran Bretagna non sarebbe divenuta l’officina del mondo. […] Decine di riviste e di volumi di atti di società scientifiche videro la luce prima del 1800, per lo più dopo il 1760. Una brama diffusa di conoscenza penetrò in Gran Bretagna fin nelle più piccole cittadine del regno, dove erano molto richiesti i conferenzieri itineranti.

Gran parte di questa cultura scientifica provinciale era privata, meritocratica, non elitaria e pertanto in conflitto in qualche modo con l’establishment sociale.

Le persone che lavoravano all’applicazione dei princìpi della fisica, della chimica e della biologia nel loro lavoro quotidiano erano assetate di innovazioni. In questo ambiente sarebbero prosperate le microinvenzioni, il graduale perfezionamento delle idee pionieristiche. Nelle prime fasi della rivoluzione industriale quest’abilità fu la chiave del successo tecnologico britannico.

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