La marcia del Quarto stato
Tra l’Ottocento e il Novecento entrò in scena una parte di umanità che fino a quel momento era rimasta nell’ombra, perché priva di diritti e di rappresentanza politica: il proletariato. La rivoluzione industriale aveva accresciuto le fila di questa classe sociale, che viveva in condizioni di estremo disagio per la povertà e per la fatica. L’emergere della nuova classe di lavoratori (il «Quarto stato» che s’aggiungeva ai tre dell’antico regime)
è stato ben rappresentato dal pittore Giuseppe Pellizza da Volpedo (1868-1907) in questo quadro di notevoli dimensioni (293x545 cm).
- Il pittore prese come modelli del quadro, preparato da numerosi studi e bozzetti, gli abitanti di Volpedo, piccolo paese in provincia di Alessandria. La scena stessa è ambientata in una piazza del paese.
- La schiera di lavoratori avanza a passo deciso verso la luce in primo piano, lasciandosi il tramonto alle spalle, evocando il «sole dell’avvenire » di giustizia verso il quale i lavoratori tendono.
- Camminando fianco a fianco i lavoratori esprimono la loro compattezza, che diviene una forza poderosa nella comune lotta contro l’oppressione e la miseria.
- I lavoratori avanzano discutendo animatamente, convinti delle loro rivendicazioni. La forza della classe operaia nasce anche dalle decisioni prese democraticamente, dopo un libero confronto fra eguali.
- La donna ha le fattezze di Teresa Bidoni, moglie dell’artista, ma rappresenta simbolicamente le donne proletarie, che ebbero un ruolo nelle lotte dei lavoratori, condividendo le fatiche e le speranze degli uomini. Il bambino seminudo in braccio alla madre che avanza in primo piano sembra esprimere le speranze e le promesse di un futuro migliore per la nuova generazione.
- Per la figura centrale del quadro, il pittore utilizzò come modello Giovanni Zarri, un muratore di Volpedo, che posò per un periodo di circa dodici giorni.
- Il gesto del giovane che scopre i palmi delle mani sembra manifestare la necessità della protesta, rivelando al tempo stesso la sincerità, la semplicità, l’immediatezza della reazione di chi vuol dichiarare che non resta altro da fare.