Sommario
Leggere un classico
Uomini, tecniche, economie - The Economic History of World Population

Uomini, tecniche, economie - The Economic History of World Population


L'autore
Carlo M. Cipolla

Carlo M. Cipolla (1922-2000) compie gli studi a Pavia, sua città natale. Allo scoppio della seconda guerra mondiale è chiamato alle armi, ma viene riformato per deficienza toracica e, pertanto, dispensato dall’impegno bellico1. Il desiderio del diciassettenne Cipolla è di diventare insegnante di Storia e filosofia al liceo ma, avendo conseguito un diploma di liceo scientifico, non gli è concesso (in base alle leggi dell’epoca) iscriversi alla Facoltà di Lettere e Filosofia, aperta soltanto agli studenti provenienti dal liceo classico. Decide, quindi, di ripiegare sulla facoltà di Scienze politiche dell’Università di Pavia, dove – pur non essendoci corsi di filosofia – sono presenti alcuni insegnamenti di Storia moderna e contemporanea.

Durante i difficili anni del conflitto all’Università di Pavia viene a mancare il professore di Storia e, a sostituirlo, è chiamato un professore della facoltà di Economia di Genova, Franco Borlandi. Tra Borlandi, specialista di Storia dell’economia medievale, e il giovane Cipolla nasce – complice anche la quasi assenza di altri studenti frequentanti a causa della guerra – una buona amicizia e lo studioso appassiona l’allievo alla ricerca d’archivio e ai temi della storia economica e della popolazione2.

Si reca, quindi, per specializzarsi alla Sorbona, dove segue le lezioni di Fernand Braudel che lo considera, a ragione, uno dei suoi allievi più promettenti.

A Parigi il giovane Cipolla entra in contatto con la cosiddetta «scuola degli Annales» e ne fa proprie le linee guida dell’attenzione all’aspetto «micro» per descrivere un problema «macro», e dell’interdisciplinarietà. Prosegue, poi, la sua formazione alla London School of Economics; a Londra incontra il celebre economista John Maynard Keynes3 da cui impara l’importanza delle teorie e dei fatti economici applicati alla storia dell’economia.

All’epoca in Italia, infatti, si prediligeva ancora una visione della storia dell’economia più umanistica ed evenemenziale (cioè incentrata sugli avvenimenti), senza connessioni con l’economia pura.

Non appena la guerra finisce, Cipolla, brillante e preparato, sale in cattedra come assistente all’Università di Pavia; nel 1949, a soli ventisette anni, ottiene il posto di docente di Storia dell’economia all’Università di Catania grazie alla pubblicazione del suo primo libro sulla storia monetaria dell’Italia tardo-medievale.

Gli anni successivi lo vedono insegnare in varie università italiane come Venezia, Torino e Pisa. La vera svolta a livello personale e professionale avviene nel 1953, quando Cipolla vince una delle competitive borse di studio Fulbright, programma istituito nel 1946 dal senatore americano James William Fulbright per permettere a giovani studiosi di recarsi negli Stati Uniti. In America Cipolla approfondisce le proprie conoscenze in campo economico nelle Università di Madison (Wisconsin), Baltimora (Maryland) e Cincinnati (Ohio), tiene alcune fortunate conferenze e stringe numerosi contatti che gli permettono di tornare nel 1957, questa volta come Visiting Professor presso la prestigiosa Università di Berkeley (California).

A Berkeley – dove nel 1959 è nominato professore ordinario – Cipolla rimane fino al pensionamento nel 1991, contribuendo a rendere il Centro di Storia economica dell’Università un punto di riferimento del mondo accademico mondiale.

La produzione accademica di Cipolla è vastissima e difficilmente riconducibile a un unico argomento, a dimostrazione degli ampi interessi dell’autore; da vero interprete della ricerca interdisciplinare, infatti, Cipolla si muove sempre a cavallo tra più discipline.

Nel caso della storia economica, magistralmente analizzata nell’opera del 1988 Tra due culture: introduzione alla storia economica, Cipolla afferma la necessità di adottare una visione interdisciplinare: in questo modo la Storia si arricchisce di un substrato di ordine economico (importantissimo per comprendere le cause dei mutamenti di lungo periodo) e, al tempo stesso, l’economia si cala nel tempo e nello spazio guadagnandone in profondità e superando la freddezza dei numeri e dei modelli.

Alle numerose opere di storia monetaria e storia dei prezzi (tra cui ricordiamo Le avventure della lira, interessante studio della moneta italiana attraverso i secoli), si affiancano lavori di storia della tecnica come Clocks and Culture (Le macchine del tempo. L’orologio e la società. 1300-1700) e Guns, Sails, and Empires: Technological Innovation and the Early Phases of European Expansion. 1400-1700 (in italiano è Vele e cannoni), oltre che – come si è visto – di storia della popolazione.

Grande attenzione viene riservata da Cipolla anche alla storia dell’istruzione (Literacy and Development in the West; Istruzione e sviluppo. Il declino dell’analfabetismo nel mondo occidentale) e alla storia della sanità pubblica (Fighting the Plague in Seventeenth Century Italy; Contro un nemico invisibile. Epidemie e strutture sanitarie nell’Italia del Rinascimento).

Gli interessi non strettamente economici – uniti allo stile narrativo, al tono quasi colloquiale e all’umorismo sottile che permea tutte le opere di Cipolla – sono approfonditi in un divertente pamphlet4 che, pubblicato nel 1976, diventa subito un best-seller mondiale: The Basic Laws of Human Stupidity (Allegro ma non troppo).

L’opera contiene due brevi saggi: The Basic Laws of Human Stupidity (Le leggi fondamentali della stupidità umana) e The Role of Spices (and Black Pepper in Particular) in Medieval Economic Development [Il ruolo delle spezie (e del pepe in particolare) nello sviluppo economico del Medioevo].

Nel primo saggio, tra argomentazioni serrate, modelli economici e accurate informazioni storiche si giunge a conclusioni a metà tra l’assurdo e il faceto circa la diffusione delle persone stupide e la loro pericolosità a livello sociale ed economico. Nel secondo saggio, invece, Cipolla analizza le correlazioni tra il commercio delle spezie e l’aumento della popolazione nel Quattrocento deducendo, sempre scherzosamente, che il supposto potere afrodisiaco del pepe nero abbia giocato un ruolo importante in tale processo.

Nel corso della carriera Cipolla riceve molti riconoscimenti, tra cui il Premio della presidenza della Repubblica.

 

1- Essendo molto giovane e di corporatura assai magra, Cipolla non rientra nei parametri previsti per l’arruolamento delle truppe e, pertanto, viene riformato; riterrà sempre l’esclusione dall’esercito il più grande colpo di fortuna della sua vita.

2- Cfr. C.M. Cipolla, Fortuna plus homini quam consilium valet, cit., pp. 8-9.

3- John Maynard Keynes (1883-1946) è uno dei più grandi economisti del XX secolo e il fondatore della Macroeconomia. In contrasto con le teorie economiche neoclassiche Keynes, autore nel 1936 della Teoria generale dell’occupazione, dell’interesse e della moneta, sostiene la necessità dell’intervento statale nell’economia qualora non si riesca a garantire la piena occupazione della popolazione.
Le teorie keynesiane furono seguite negli anni Trenta dal presidente americano Franklin Delano Roosevelt per uscire dagli effetti della Grande Depressione del 1929.

4- Pamphlet: il termine indica un breve saggio, spesso dal tono ironico, pungente o polemico. Il termine si utilizza anche, in modo generico, come sinonimo di «opuscolo, libretto».

John Constable, Il mulino di Flatford, 1811 o 1817. Londra, Tate Gallery.

Significato e fortuna dell’opera

Uomini, tecniche, economie descrive da un punto di vista globale l’evoluzione del genere umano nel suo sviluppo numerico e nel progredire delle sue condizioni di vita.1

Il saggio – ormai superato per quanto riguarda i dati statistici – affronta, inoltre, problematiche all’epoca quasi sconosciute come l’esplosione demografica e il crescente bisogno di risorse energetiche.

La tesi centrale su cui si articola il lavoro di Cipolla è che la popolazione mondiale sia cresciuta per l’effetto di due fattori chiave: l’aumento di energia disponibile pro capite2 e l’aumento di controllo sull’ambiente circostante.

Questi miglioramenti sono stati raggiunti grazie alla rivoluzione agricola e a quella industriale, che hanno segnato in modo indelebile la Storia dell’umanità. La rivoluzione agricola, avvenuta all’incirca dopo il 10.000 avanti Cristo, determina il passaggio dall’economia predatoria – basata, cioè, soltanto sulla caccia, la pesca, la raccolta di frutti selvatici – a quella agricola. L’economia agricola, basata sull’allevamento degli animali e la coltivazione di frutta e verdura, si diffonde lentamente in tutto il mondo e perdura fino alla fine del Settecento, quando in Inghilterra decolla la rivoluzione industriale.

La tesi centrale su cui si articola il lavoro di Cipolla è che la popolazione mondiale sia cresciuta per l’effetto di due fattori chiave

 

La popolazione mondiale, secondo Cipolla, si attesta tra i 2 e i 20 milioni alla vigilia della rivoluzione agricola e tra i 650 e gli 850 milioni sul finire del XVIII secolo (di cui l’80% concentrato in Eurasia).3 Nel 1950, invece, si sfiorano i 2 miliardi e mezzo di individui: in meno di duecento anni dalla rivoluzione industriale la popolazione si è più che duplicata. Il ritmo frenetico con cui aumenta la popolazione induce Cipolla a ritenere che debbano essere presi al più presto dei provvedimenti per limitare tale crescita. L’opera, pur essendo di livello accademico, si rivolge anche a coloro che non hanno conoscenze precedenti di economia e storia della popolazione e fornisce, quindi, un valido compendio per chi è interessato ad approfondire ulteriormente la materia. Il linguaggio chiaro e l’apparato statistico (il libro è ricco di tabelle e grafici) aiutano nella comprensione dei temi più difficili e rendono la lettura stimolante e piacevole. Fermamente convinto che la storia economica è oggigiorno concepita e praticata entro limiti troppo angusti, Cipolla non si limita a considerare semplicemente i dati statistici ed economici ma si apre a una storia sociale di più ampio respiro4 in cui trovano spazio anche considerazioni sull’evoluzione della tecnica, sul cambiamento nelle fonti di energia e sulle trasformazioni culturali che le società hanno vissuto nel corso dei millenni. Polemizzando con gli economisti che vorrebbero ridurre tutto a un modello matematico, Cipolla sottolinea l’importanza decisiva dell’elemento umano ed etico in ogni mutamento storico.5

 

1- Cfr. C.M. Cipolla, Uomini, tecniche, economie, (ed. or. The Economic History of World Population, Feltrinelli, Milano 1987 - Penguin, Harmondsworth 1962), p. 5. 2 Pro capite: l’espressione pro capite (dal latino: per testa) indica una media «per persona» di un certo valore.

2- Pro capite: l’espressione pro capite (dal latino: per testa) indica una media «per persona» di un certo valore.

3- Cfr. C.M. Cipolla, Uomini, tecniche, economie, cit., pp. 118 e 120.

4- Cfr. C.M. Cipolla, Fortuna plus homini quam consilium valet, in «Contemporanea. Rivista di storia dell’Ottocento e del Novecento», a. IV, 1 gennaio 2001, pp. 7-18.

5- Cfr. C.M. Cipolla, Uomini, tecniche, economie, cit., p. 27.

Struttura dell’opera

L’opera è suddivisa in sei brevi capitoli: il primo, dal titolo «Le due rivoluzioni», analizza la rivoluzione agricola e quella industriale; il secondo, «Le fonti di energia », descrive i mutamenti nelle fonti di energia e nel loro utilizzo da parte dell’uomo; il terzo capitolo, «Produzione e consumo» considera la struttura della produzione, del consumo e della formazione di capitale nella società agricola e in quella industriale; il quarto e il quinto capitolo, intitolati «Natalità e mortalità» e «Quanta popolazione?», considerano il problema dell’aumento demografico. Infine, l’ultimo capitolo, «Un’epoca di transizione», indaga le trasformazioni di carattere culturale e sociale che avvengono quando si passa da un tipo di organizzazione economica all’altro.

Cipolla suddivide la Storia dell’uomo in tre grandi ere, segnate dagli spartiacque delle due rivoluzioni: il periodo prima della rivoluzione agricola, quello tra la rivoluzione agricola e la rivoluzione industriale e, infine, quello dopo la rivoluzione industriale.

«La rivoluzione agricola dell’ottavo millennio a.C. e la rivoluzione industriale del diciottesimo secolo crearono […] due profonde fratture nella continuità del processo storico. Con ciascuna di queste due rivoluzioni, si inizia una «nuova storia», una storia completamente e drammaticamente diversa da quella precedente. Tra l’uomo delle caverne e i costruttori delle piramidi non esiste continuità, come non esiste continuità alcuna tra l’antico agricoltore e il moderno operatore di una centrale atomica. In questo contesto, il termine «rivoluzione» non è certo impiegato per indicare che i mutamenti relativi rappresentarono fatti improvvisi ed accidentali, indipendenti dalle tendenze e dalle situazioni precedenti dove veniva generalmente riconosciuto che la rivoluzione industriale fu il prodotto di mutamenti culturali, sociali ed economici che ebbero luogo nell’Europa Occidentale fra l’undicesimo e il sedicesimo secolo». Nel terzo capitolo si considerano i rapporti tra economia e demografia. A un aumento generale della popolazione corrisponde ovunque anche una diminuzione dell’importanza del settore agricolo. I redditi provenienti dall’agricoltura, cioè, contribuiscono in maniera sempre minore alla formazione del reddito nazionale.

Cipolla esemplifica questa trasformazione attraverso una tabella, riportata qui sotto.

 

Partecipazione percentuale dell'agricoltura al reddito nazionale di alcuni Paesi

Paesi

1770 1870 1979

Canada

-

- 5
Franca - 45 6
Germania - 30 3
Gran Bretagna 45 15 3
Italia - 57 9
Giappone - 63 7
Svezia - 43 4
Stati Uniti - 30 3
Russia - 55 22
India - - 45
Brasile - - 14

 

Nel quinto capitolo sono affrontati i problemi connessi con l’aumento esplosivo della popolazione; molti, e inquietanti, interrogativi si pongono di fronte all’uomo moderno: «Il problema di «sfamare nuove bocche» non è l’unico o il più difficile. Al crescere della popolazione mondiale le difficoltà sembrano crescere in misura più che proporzionale. […] Non si può negare a priori la possibilità di nuovi tipi di epidemie la cui azione mortale potrebbe coglierci di sorpresa. […]

I campi recintati in Inghilterra (enclosures), raffigurati in questo dipinto del Settecento, costituirono una delle premesse della rivoluzione agricola. Quando i terreni erano pubblici i contadini si occupavano dello stesso campo solo per un anno e non avevano interesse a migliorarne la qualità, mentre i nuovi proprietari investirono capitali e migliorarono la produttività dei terreni.

Inoltre, con l’aumentare della produzione industriale, assistiamo impotenti al crescere della produzione di prodotti secondari indesiderati che sono tossici per la vita o ineliminabili. Materie prime essenziali stanno diventando più scarse e – peggio ancora – stiamo cominciando anche a soffrire per la scarsità di cose come l’aria pura, l’acqua pulita e un silenzio riposante, cosa che nessuno in passato si era mai sognato di considerare beni economici semplicemente perché erano disponibili in abbondanza a tutti.

La concentrazione della popolazione in enormi megalopoli […] sta creando tensioni sociali e psicologiche di natura preoccupantemente distruttiva». Il saggio si conclude con un allarmato richiamo all’importanza di uno sviluppo tecnico ed economico che non dimentichi l’aspetto etico. Il controllo sull’ambiente, infatti, non è una garanzia di felicità, soprattutto se non è accompagnato dal rispetto per la dignità e il valore della vita umana.

«Non sappiamo che cosa sia la felicità umana, ma sappiamo che cosa non è. Sappiamo che la felicità umana non può prosperare dove dominano l’intolleranza e la brutalità. Non c’è nulla di più pericoloso del sapere tecnico quando non è accompagnato dal rispetto per la vita umana e per valori umani. L’introduzione di tecniche moderne in ambienti ancora dominati dall’intolleranza e dall’aggressività è uno sviluppo estremamente allarmante. Come scrissi altrove: «Il fatto di istruire un selvaggio nell’uso di tecniche avanzate non lo trasforma in una persona civilizzata, ma ne fa solo un selvaggio efficiente».

Il progresso etico deve accompagnarsi allo sviluppo tecnico ed economico. Mentre insegniamo le tecniche, dobbiamo insegnare anche il rispetto per la dignità e il valore e il carattere sacro della personalità umana. Se non vogliamo che la fine sia peggiore dell’inizio è necessario intraprendere un’azione urgente.

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