Uomini, tecniche, economie - The Economic History of World Population
Significato e fortuna dell’opera
Uomini, tecniche, economie descrive da un punto di vista globale l’evoluzione del genere umano nel suo sviluppo numerico e nel progredire delle sue condizioni di vita.1
Il saggio – ormai superato per quanto riguarda i dati statistici – affronta, inoltre, problematiche all’epoca quasi sconosciute come l’esplosione demografica e il crescente bisogno di risorse energetiche.
La tesi centrale su cui si articola il lavoro di Cipolla è che la popolazione mondiale sia cresciuta per l’effetto di due fattori chiave: l’aumento di energia disponibile pro capite2 e l’aumento di controllo sull’ambiente circostante.
Questi miglioramenti sono stati raggiunti grazie alla rivoluzione agricola e a quella industriale, che hanno segnato in modo indelebile la Storia dell’umanità. La rivoluzione agricola, avvenuta all’incirca dopo il 10.000 avanti Cristo, determina il passaggio dall’economia predatoria – basata, cioè, soltanto sulla caccia, la pesca, la raccolta di frutti selvatici – a quella agricola. L’economia agricola, basata sull’allevamento degli animali e la coltivazione di frutta e verdura, si diffonde lentamente in tutto il mondo e perdura fino alla fine del Settecento, quando in Inghilterra decolla la rivoluzione industriale.
La tesi centrale su cui si articola il lavoro di Cipolla è che la popolazione mondiale sia cresciuta per l’effetto di due fattori chiave
La popolazione mondiale, secondo Cipolla, si attesta tra i 2 e i 20 milioni alla vigilia della rivoluzione agricola e tra i 650 e gli 850 milioni sul finire del XVIII secolo (di cui l’80% concentrato in Eurasia).3 Nel 1950, invece, si sfiorano i 2 miliardi e mezzo di individui: in meno di duecento anni dalla rivoluzione industriale la popolazione si è più che duplicata. Il ritmo frenetico con cui aumenta la popolazione induce Cipolla a ritenere che debbano essere presi al più presto dei provvedimenti per limitare tale crescita. L’opera, pur essendo di livello accademico, si rivolge anche a coloro che non hanno conoscenze precedenti di economia e storia della popolazione e fornisce, quindi, un valido compendio per chi è interessato ad approfondire ulteriormente la materia. Il linguaggio chiaro e l’apparato statistico (il libro è ricco di tabelle e grafici) aiutano nella comprensione dei temi più difficili e rendono la lettura stimolante e piacevole. Fermamente convinto che la storia economica è oggigiorno concepita e praticata entro limiti troppo angusti, Cipolla non si limita a considerare semplicemente i dati statistici ed economici ma si apre a una storia sociale di più ampio respiro4 in cui trovano spazio anche considerazioni sull’evoluzione della tecnica, sul cambiamento nelle fonti di energia e sulle trasformazioni culturali che le società hanno vissuto nel corso dei millenni. Polemizzando con gli economisti che vorrebbero ridurre tutto a un modello matematico, Cipolla sottolinea l’importanza decisiva dell’elemento umano ed etico in ogni mutamento storico.5
1- Cfr. C.M. Cipolla, Uomini, tecniche, economie, (ed. or. The Economic History of World Population, Feltrinelli, Milano 1987 - Penguin, Harmondsworth 1962), p. 5. 2 Pro capite: l’espressione pro capite (dal latino: per testa) indica una media «per persona» di un certo valore.
2- Pro capite: l’espressione pro capite (dal latino: per testa) indica una media «per persona» di un certo valore.
3- Cfr. C.M. Cipolla, Uomini, tecniche, economie, cit., pp. 118 e 120.
4- Cfr. C.M. Cipolla, Fortuna plus homini quam consilium valet, in «Contemporanea. Rivista di storia dell’Ottocento e del Novecento», a. IV, 1 gennaio 2001, pp. 7-18.
5- Cfr. C.M. Cipolla, Uomini, tecniche, economie, cit., p. 27.
Struttura dell’opera
L’opera è suddivisa in sei brevi capitoli: il primo, dal titolo «Le due rivoluzioni», analizza la rivoluzione agricola e quella industriale; il secondo, «Le fonti di energia », descrive i mutamenti nelle fonti di energia e nel loro utilizzo da parte dell’uomo; il terzo capitolo, «Produzione e consumo» considera la struttura della produzione, del consumo e della formazione di capitale nella società agricola e in quella industriale; il quarto e il quinto capitolo, intitolati «Natalità e mortalità» e «Quanta popolazione?», considerano il problema dell’aumento demografico. Infine, l’ultimo capitolo, «Un’epoca di transizione», indaga le trasformazioni di carattere culturale e sociale che avvengono quando si passa da un tipo di organizzazione economica all’altro.
Cipolla suddivide la Storia dell’uomo in tre grandi ere, segnate dagli spartiacque delle due rivoluzioni: il periodo prima della rivoluzione agricola, quello tra la rivoluzione agricola e la rivoluzione industriale e, infine, quello dopo la rivoluzione industriale.
«La rivoluzione agricola dell’ottavo millennio a.C. e la rivoluzione industriale del diciottesimo secolo crearono […] due profonde fratture nella continuità del processo storico. Con ciascuna di queste due rivoluzioni, si inizia una «nuova storia», una storia completamente e drammaticamente diversa da quella precedente. Tra l’uomo delle caverne e i costruttori delle piramidi non esiste continuità, come non esiste continuità alcuna tra l’antico agricoltore e il moderno operatore di una centrale atomica. In questo contesto, il termine «rivoluzione» non è certo impiegato per indicare che i mutamenti relativi rappresentarono fatti improvvisi ed accidentali, indipendenti dalle tendenze e dalle situazioni precedenti dove veniva generalmente riconosciuto che la rivoluzione industriale fu il prodotto di mutamenti culturali, sociali ed economici che ebbero luogo nell’Europa Occidentale fra l’undicesimo e il sedicesimo secolo». Nel terzo capitolo si considerano i rapporti tra economia e demografia. A un aumento generale della popolazione corrisponde ovunque anche una diminuzione dell’importanza del settore agricolo. I redditi provenienti dall’agricoltura, cioè, contribuiscono in maniera sempre minore alla formazione del reddito nazionale.
Cipolla esemplifica questa trasformazione attraverso una tabella, riportata qui sotto.
Paesi |
1770 | 1870 | 1979 |
---|---|---|---|
Canada |
- |
- | 5 |
Franca | - | 45 | 6 |
Germania | - | 30 | 3 |
Gran Bretagna | 45 | 15 | 3 |
Italia | - | 57 | 9 |
Giappone | - | 63 | 7 |
Svezia | - | 43 | 4 |
Stati Uniti | - | 30 | 3 |
Russia | - | 55 | 22 |
India | - | - | 45 |
Brasile | - | - | 14 |
Nel quinto capitolo sono affrontati i problemi connessi con l’aumento esplosivo della popolazione; molti, e inquietanti, interrogativi si pongono di fronte all’uomo moderno: «Il problema di «sfamare nuove bocche» non è l’unico o il più difficile. Al crescere della popolazione mondiale le difficoltà sembrano crescere in misura più che proporzionale. […] Non si può negare a priori la possibilità di nuovi tipi di epidemie la cui azione mortale potrebbe coglierci di sorpresa. […]
I campi recintati in Inghilterra (enclosures), raffigurati in questo dipinto del Settecento, costituirono una delle premesse della rivoluzione agricola. Quando i terreni erano pubblici i contadini si occupavano dello stesso campo solo per un anno e non avevano interesse a migliorarne la qualità, mentre i nuovi proprietari investirono capitali e migliorarono la produttività dei terreni.
Inoltre, con l’aumentare della produzione industriale, assistiamo impotenti al crescere della produzione di prodotti secondari indesiderati che sono tossici per la vita o ineliminabili. Materie prime essenziali stanno diventando più scarse e – peggio ancora – stiamo cominciando anche a soffrire per la scarsità di cose come l’aria pura, l’acqua pulita e un silenzio riposante, cosa che nessuno in passato si era mai sognato di considerare beni economici semplicemente perché erano disponibili in abbondanza a tutti.
La concentrazione della popolazione in enormi megalopoli […] sta creando tensioni sociali e psicologiche di natura preoccupantemente distruttiva». Il saggio si conclude con un allarmato richiamo all’importanza di uno sviluppo tecnico ed economico che non dimentichi l’aspetto etico. Il controllo sull’ambiente, infatti, non è una garanzia di felicità, soprattutto se non è accompagnato dal rispetto per la dignità e il valore della vita umana.
«Non sappiamo che cosa sia la felicità umana, ma sappiamo che cosa non è. Sappiamo che la felicità umana non può prosperare dove dominano l’intolleranza e la brutalità. Non c’è nulla di più pericoloso del sapere tecnico quando non è accompagnato dal rispetto per la vita umana e per valori umani. L’introduzione di tecniche moderne in ambienti ancora dominati dall’intolleranza e dall’aggressività è uno sviluppo estremamente allarmante. Come scrissi altrove: «Il fatto di istruire un selvaggio nell’uso di tecniche avanzate non lo trasforma in una persona civilizzata, ma ne fa solo un selvaggio efficiente».
Il progresso etico deve accompagnarsi allo sviluppo tecnico ed economico. Mentre insegniamo le tecniche, dobbiamo insegnare anche il rispetto per la dignità e il valore e il carattere sacro della personalità umana. Se non vogliamo che la fine sia peggiore dell’inizio è necessario intraprendere un’azione urgente.