Amistad - Introduzione
Nel 1839 un gruppo di schiavi africani riesce a prendere il comando sulla nave spagnola La Amistad, uccidendo quasi tutto l’equipaggio. Gli schiavi, incapaci di guidare l’imbarcazione, ordinano ai due spagnoli superstiti di far vela verso l’Africa, ma questi, con un trucco, portano la nave verso il Nord America. Qui un vascello statunitense cattura gli schiavi e li trasferisce nella città di New Haven, nel Connecticut, affinché siano processati per ammutinamento. Al processo emergono vari interessi in conflitto: il governo spagnolo, il governo americano, i comandanti del vascello statunitense, i superstiti della nave La Amistad; tutti costoro pretendono che venga riconosciuta loro la proprietà sugli africani; il governo spagnolo ne fa una questione di rapporti diplomatici con gli Stati Uniti, i quali, a loro volta, sono dilaniati al loro interno tra schiavisti e antischiavisti. Poco a poco il caso diventa di interesse nazionale, fino a giungere alla Corte suprema, dove il gruppo di africani viene difeso dall’ex presidente John Quincy Adams.
Da un fatto vero
Con Amistad il regista Steven Spielberg ha portato sullo schermo un episodio realmente accaduto. La vicenda raccontata dal film si svolse davvero tra il 1839, quando gli schiavi furono catturati illegalmente nella Sierra Leone, e il 1842, l’anno in cui furono riportati nella loro terra. Gran parte dei personaggi principali sono realmente esistiti: Cinqué, il leader e portavoce del gruppo; il suo amico e rivale Yamba, che si convertì al cristianesimo; il giovane avvocato Roger Sherman Baldwin e l’ex presidente John Quincy Adams, al quale si deve la difesa finale; persino l’interprete James Covey, grazie al quale i difensori poterono comunicare con Cinqué e i suoi compagni, è un personaggio vero; quest’ultimo, un ex schiavo liberato dai Britannici, fu rintracciato nel porto di New Haven grazie all’aiuto del professor Josiah Willard Gibbs, che insegnò davvero nell’Università di Yale; i due Spagnoli sopravvissuti Ruiz e Montes furono proprio commercianti di schiavi e furono condannati. Non meno reali sono gli uomini politici coinvolti nella vicenda, dal presidente Martin van Buren al segretario di Stato John Forsyth.
![Isabella II di Spagna](/sites/default/files/styles/1_1_sm/public/img/p/more/B_isabella_07.jpg?h=daf8b033&itok=-UJ5_SNz)
Un passo avanti verso l’abolizione dello schiavismo
Come la maggior parte dei personaggi, anche i fatti principali sono storicamente provati. Il viaggio degli schiavi dalla Sierra Leone alla fortezza di Lomboko, poi a Cuba, per finire sulle coste degli Stati Uniti, avvenne realmente nei termini in cui il film lo presenta; l’episodio dell’uccisione di decine di schiavi per annegamento sulla nave portoghese Tecora – una delle scene più drammatiche del film – corrisponde a verità. Le condizioni disumane dei viaggi sono descritte in maniera credibile, per quanto in genere la realtà fosse ancora più tremenda. Il processo è ricostruito con alcune modifiche, ma è vero che ebbe fasi alterne e che fu oggetto di forti pressioni politiche, sotto gli occhi dell’opinione pubblica nazionale e internazionale. Il merito di Amistad, tuttavia, non consiste soltanto nell’aver rappresentato con notevole accuratezza fatti e personaggi storici, ma soprattutto nell’aver dato rilievo a una vicenda che rappresentò una tappa importante verso l’abolizione della schiavitù negli Stati Uniti e verso la guerra di secessione (1861-1865).
Il film sottolinea la consapevolezza che, grazie al caso della nave La Amistad, si diffuse in molti cittadini e penetrò nelle istituzioni riguardo allo schiavismo; nello stesso tempo mette in evidenza le irriducibili resistenze di tipo economico, sociale, culturale che una parte degli Stati Uniti, in particolare il Sud del Paese, oppose ai tentativi di superare lo schiavismo e di realizzare così i princìpi di libertà e di uguaglianza proclamati nella Costituzione americana.
Il rischio della retorica
Il film si propone due obiettivi: far emergere con forza l’iniquità dello schiavismo, esaltare i pregi della società e dei valori americani. Entrambi questi propositi hanno portato ad alcune forzature nella storia e nel modo in cui viene presentata. Per esempio, i personaggi rispondono a una rigida distinzione tra «buoni» e «cattivi»: onesti, leali, in buona fede, generalmente «simpatici» sono gli Africani e tutti gli Americani che si schierano dalla loro parte; opportunisti, sleali, indisponenti sono gli Spagnoli, i loro difensori, e coloro che si oppongono alla liberazione di Cinqué e dei suoi compagni. È una distinzione un po’ artificiosa che rischia di compromettere la credibilità del film. Inoltre la narrazione è organizzata in maniera tale da dimostrare che la società americana si fonda su giusti princìpi, stabiliti fin dalla nascita della nazione; perciò, nonostante i gravi ostacoli e le resistenze, il sistema giudiziario degli Stati Uniti e la comunità dei cittadini sono propensi a far prevalere la giustizia. Hanno questa funzione i continui riferimenti ai padri fondatori, ricordati attraverso i dialoghi, nei quadri e nelle statue, nelle bandiere, nei luoghi storici degli Stati Uniti: dalle antiche case del Connecticut alla bianca cupola della residenza presidenzia le, a Washington. La musica dai toni epici ha un ruolo fondamentale nell’esaltare la memoria storica degli Stati Uniti e le imprese dei protagonisti del film, che a quella memoria palesemente si ispirano.