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Uomini celebri, celebri contraddizioni - Introduzione Bismarck, il cancelliere di ferro Ford, il sogno di un’automobile per tutti

Bismarck, il cancelliere di ferro


L'autore

Alan Palmer (1926) ha insegnato storia per diciannove anni presso la Highgate School per dedicarsi poi a tempo pieno alla stesura di libri storici e biografie. In italiano sono apparsi Bismarck (1982), Metternich (1983), Francesco Giuseppe: il lungo crepuscolo degli Asburgo (1995).

Chi era l’uomo che per un quarto di secolo tenne le redini dell’intera europa? Ecco un ritratto di Otto von Bismarck in tre momenti diversi della sua vita.

Un uomo contraddittorio

Otto von Bismarck fu un uomo dalla personalità singolare e autoritaria: non per nulla fu soprannominato «il cancelliere di ferro». Fu al tempo stesso un grande uomo di Stato e un grande reazionario: persino troppo per Guglielmo II, che lo estromise dai giochi politici.

Federico Guglielmo IV quarant’anni prima, a proposito del giovane Bismarck, aveva annotato: «Da utilizzarsi solo ove imperino le baionette».

Bismarck creò la Germania e inventò lo Stato sociale, ma i suoi metodi sono stati oggetto di aspre discussioni: i suoi modi autoritari avviarono i Tedeschi verso i terribili eventi del Novecento? In altre parole, come sostiene Ernst Engelberg, fu il «fondatore del Terzo Reich?». Oppure la sua politica dell’equilibrio avrebbe potuto salvare l’Europa dalle sciagure del Novecento se fosse stata proseguita dai suoi successori?

La discussione al riguardo ha sovente fatto riferimento al personaggio Bismarck: un uomo contraddittorio, che per tutta la vita si trovò in mezzo al guado tra conservatorismo e liberalismo.

Otto von Bismarck nacque l’1 aprile 1815, in campagna, a Schönhausen. Antico e moderno si contrapponevano nella famiglia Bismarck.

Il padre, Ferdinand, era il tipico proprietario terriero prussiano orgoglioso dei propri natali, mentre la madre Wilhelmine Menken era una ragazza di città, a suo agio solo nei salotti di Berlino.

Otto, che era il più giovane di due fratelli, dalla madre ereditò un’acuta intelligenza, ma non gliene fu mai grato. «Da mia madre – disse il cancelliere in età adulta – avrei voluto ricevere amore e non idee». Lo offendeva il fatto che lei non condividesse la sua ammirazione per il padre in cui Bismarck vedeva incarnata la saggezza della tradizione.

Persino il suo aspetto fisico era contraddittorio: rispetto alla corporatura robusta (mangiava a più non posso), la sua testa appariva piccola, i tratti del suo viso erano minuti e le mani delicate. La sua voce, esile e sottile, non sembrava certo quella di un potente uomo di Stato, abituato a comandare e a dirigere.

 

La gioventù: «der tolle Bismarck»

Il giovane Bismarck, all’epoca in cui amministrava la tenuta di famiglia di Kniephof, conduceva una vita dissipata. Vi furono serate in cui sperperò al gioco il denaro risparmiato con tanta economia nella conduzione della proprietà terriera.

Molti suoi gesti erano insensati: per esempio, annunciava il proprio arrivo in casa di un amico sparando un colpo di pistola contro il soffitto dell’ingresso. Una volta portò una volpe nel salotto di una conoscente tenendola, terrorizzata, al guinzaglio, come un cane. Quindi la liberò, lanciando urla da cacciatore.

La gente parlava di lui come der tolle Bismarck, il selvaggio Bismarck.

Nel contempo trattava i contadini e coloro che lavoravano nelle sue tenute con gentilezza e simpatia, mostrando un patriarcale senso di responsabilità che contrastava con le sue altezzose manifestazioni pubbliche. E, sebbene gli piacesse atteggiarsi a cavaliere superficiale e capriccioso, nelle sere d’inverno leggeva molto, e volentieri. I suoi interessi storici erano molto sviluppati, e l’Inghilterra e le sue vicende lo affascinavano più di ogni altro Paese.

 

Primo ministro di Prussia

Quando divenne primo ministro, Bismarck aveva quarantasette anni. Nessuno aveva mai assunto questo supremo incarico con un’esperienza così scarsa alle spalle: Bismarck, infatti, non era mai stato ministro e aveva trascorso soltanto pochi mesi della sua ribelle giovinezza, quasi vent’anni prima, nella burocrazia.

Durante la breve fase parlamentare aveva espresso solo idee reazionarie: non si era impegnato a conquistare voti, né a lavorare con altri. A Francoforte aveva combattuto l’Austria senza fare alcuna pratica di diplomazia, almeno nel modo tradizionale.

Non aveva amici, né una cerchia di conoscenti, fatta eccezione per alcuni parassiti che ripetevano solo quello che lui diceva.

Viveva con semplicità: mentre un primo ministro inglese avrebbe trascorso le vacanze passando da una villa di campagna all’altra, Bismarck si ritirava nella sua tenuta e non frequentava nessuno.

Lo scopo della sua politica consisteva nell’avere successo in tutto quello che provava a fare o, come diceva, di «realizzare la volontà di Dio». L’unico ostacolo per Bismarck era rappresentato dalla volontà del re; ma era intenzionato a fare in modo che il re desiderasse proprio quello che lui stesso voleva. Questo gli riuscì con Guglielmo I, ma non con Guglielmo II: questa fu la sua grande sconfitta.

 

Il crepuscolo e la fine

Otto Eduard Leopold, principe di Bismarck, morì il 30 luglio 1898 nella sua casa di Friedrichsruh, vicino ad Amburgo. Aveva ottantatré anni. Era stato un gigante della politica europea, finché, nel 1890 (quando stava per compiere settantacinque anni), non fu costretto da Guglielmo II a rassegnare le dimissioni.

Quando sua moglie Johanna morì nel sonno nel novembre del 1894 il cancelliere di ferro pianse come un bambino. Passò i suoi ultimi anni a Friedrichsruh, solo, pieno di risentimento, pessimista e disperatamente annoiato.

Aveva i suoi enormi mastini neri per compagnia e riceveva qualche visita dalla sua famiglia.

Si sentiva troppo giovane per non far nulla, ma non trovava nulla da fare, eccetto scrivere le sue memorie. Ma anche quelle gli vennero a noia presto. «Annoiato» o «stanco» erano le parole che più frequentemente comparivano nel suo diario.

Il Kaiser Guglielmo II andò a fargli visita nel dicembre 1897 («a vedere quanto durerà il vecchio»): entrambi manifestarono una cortesia forzata.

Bismarck era costretto su una sedia a rotelle già allora, così come lo era nell’estate del 1898, quando sviluppò un’infiammazione polmonare. Aveva difficoltà a respirare e stava a letto per la maggior parte del tempo, parlando o cantando quietamente, da solo.

Il 30 luglio ebbe una ricaduta e la famiglia si riunì al suo capezzale, cercando di cogliere le parole che pronunciava in modo indistinto. All’improvviso prese un bicchiere, lo vuotò, gridò «Vorwärts!» – «Avanti!» – e affondò la testa nel cuscino. Alle undici di quella sera sua figlia si accorse che non respirava più. Guglielmo II arrivò il 2 agosto, e trovò la bara del vecchio statista in una camera da letto stipata di fiori e corone. Pronunciò una dichiarazione in onore «dell’uomo del quale Iddio aveva fatto lo strumento per la realizzazione dell’immortale idea della grandezza e dell’unità della Germania». Non ci furono funerali di Stato. L’artefice della grandezza della Germania fu seppellito in una tomba a Friedrichsruh con un’iscrizione da lui dettata, in cui si descriveva laconicamente come «un leale servitore tedesco dell’imperatore Guglielmo I». Il primo Guglielmo, non il secondo: un aspro rimprovero lanciato dalla tomba.

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