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Vita quotidiana
Il «magnifico vivere» - Introduzione Casa, dolce casa Il trionfo del nero

Casa, dolce casa


La casa era senza vetri, con la cucina frequentata da cani e gatti, con un materasso di paglia o un letto di legno, senz’acqua corrente, senza latrine interne, ma esprimeva la voglia del «magnifico vivere».

Le finestre «impannate»

Dopo secoli di ambienti bui o in penombra, la nuova architettura rinascimentale sostituisce le strette finestre medievali con ampie aperture ad arco o rettangolari, sull’onda del gusto classicista, scoprendo così l’inestimabile valore della luce. Ma l’illuminazione non era che uno dei problemi delle abitazioni del tempo: non meno grave era infatti la questione del freddo derivante dalle correnti d’aria e dagli spifferi che attraversavano le camere per la difettosa aderenza degli infissi e per la scarsa diffusione dei vetri alle finestre. Benché conosciuti e usati da molti secoli in numerosi Paesi d’Europa, i vetri per il loro alto costo (arrivavano in genere dalle Fiandre, dalla Francia e da Venezia) furono appannaggio del solo ceto benestante. Bisognerà attendere fino alla seconda metà del Cinquecento perché il loro impiego diventi generalizzato.

Le finestre senza vetri erano «velate» in due modi: o con una tenda esterna o con l’antico sistema delle «impannate». Questo sistema consisteva nel tendere su di un telaio un panno di lino imbevuto di trementina (una resina estratta dall’albero di pino). I movimenti del telaio permettevano la parziale o totale chiusura della finestra pur lasciando passare aria e luce. Di notte l’illuminazione era decisamente scarsa, visto che lampadari, torciere, lanterne, lucerne, lampade a olio e candelieri su cui venivano applicate candele di cera o il più economico sego non erano poi così funzionali.

La casa del mercante veneziano

  1. I palazzi dei patrizi avevano una funzione sia residenziale che commerciale: logge cioè balconi coperti o portici, colonne e scaloni abbelliscono l’esterno del palazzo.
  2. Le leggi veneziane impedivano le costruzioni superiori ai tre piani. Nella parte alta del palazzo, nei sottotetti erano collocate le cucine, collegate direttamente a un camino.
  3. Al primo piano c’era l’abitazione del signore. Un grande salone, chiamato «portego » era sontuosamente arredato e riscaldato da un enorme camino.
  4. Nel «portego» avevano luogo feste e sfarzosissimi ricevimenti per ostentare la ricchezza della famiglia. C’erano poi le camere da letto e l’accesso alla scala per i piani superiori.
  5. L’ingresso dava su una corte di passaggio a cui si accedeva dallo scalone principale esterno affacciato sul canale, che serviva da approdo per le gondole degli ospiti.
  6. Dalla facciata laterale del palazzo si accedeva ai magazzini del piano terra dove alcuni lavoratori scaricavano barili e sacchi. In un ufficio si tenevano i libri delle merci in arrivo e in partenza.

L’immancabile camino

Abbandonato il focolare medievale – posto prima al centro della stanza più grande, poi trasferito in un angolo o nel mezzo di una parete – il camino si diffuse a partire dalla fine del Trecento. Questo nuovo sistema ebbe inizialmente una lenta diffusione in quanto necessitava di una canna fumaria che convogliasse quei fumi che l’antico focolare disperdeva negli ambienti.

Quando i proprietari potevano permetterselo, anche la camera da letto principale veniva attrezzata con un camino. Nell’Europa del Nord questa camera venne chiamata «stufa», ovvero «stanza riscaldata».

Tra i vari ambienti della casa, la cucina era il luogo forse meno illuminato e nel quale l’igiene era un po’ dubbia; frequentata da cani, gatti e altri animali più o meno domestici, piccola o grande che fosse, era dominata da un camino che poteva anche essere molto ampio, tanto da poterci stare seduti ai lati quando dopo pranzo il calore si andava consumando lentamente sotto la cenere.

Il decoro del «magnifico vivere»

La sala o salone era l’ambiente più grande della casa; nei palazzi e nelle ville vi si svolgevano feste e banchetti sotto l’attenta regia dello scalco (direttore del convito), il cui compito principale era «conservare la dignità del padrone» attraverso «il decoro del magnifico vivere ». Per questo le sale erano sempre splendidamente decorate e immancabilmente fornite di camino; nelle case più modeste però la sala poteva anche coincidere con la cucina. Le camere da letto non sempre ospitavano un solo letto: spesso accanto al letto principale trovavano posto materassi e pagliericci destinati ai figli o ai domestici più fidati.

Luoghi in cui si svolgeva gran parte dell’esistenza, nelle camere da letto le donne lavoravano e ricevevano amici e parenti in modo del tutto informale; spesso, tuttavia, anche l’uomo aveva un proprio spazio in questa camera, in tal caso in un angolo. Certo, gli uomini che potevano permetterselo possedevano nella casa un ambiente riservato tutto per loro: il celebre «studiolo».

Se il ceto del coniuge era elevato potevano esistere nell’abitazione due camere da letto separate, secondo le regole che l’Alberti aveva già dettato nella prima metà del Quattrocento: «Moglie e marito dovrebbero avere ognuno la propria camera da letto, non solo perché la moglie, dopo aver partorito, o in caso di qualche altra indisposizione, non sia di fastidio al marito; ma anche perché durante l’estate ciascuno possa giacere da solo quando ne senta il bisogno. Ognuna di queste camere dovrebbe avere una porta separata, oltre la quale vi dovrebbe essere un corridoio comune che la colleghi, in modo che uno possa recarsi dall’altro senza essere visto da nessuno».

Il letto, che era il mobile più importante della camera, poteva anche essere soltanto un sacco riempito di paglia steso sul pavimento oppure, come recita un inventario veneziano del 1534, «un par de cavalletti con le sue tavole da dormir suso».

Qualche problema d’igiene…

Poiché nella maggioranza delle case non vi era l’acqua corrente, bisognava andarla a prendere alla fontana più vicina e poi scaldarla. Si racconta che la regina Elisabetta d’Inghilterra si facesse il bagno una volta al mese «che ne avesse bisogno o no» e certamente il suo bagno era un luogo particolarmente bello. Normalmente nelle case il fronte delle latrine non era certo rassicurante; quelle singole in genere erano ricavate nello spessore del muro mentre quelle collettive erano collocate in piccoli locali chiamati «guardaroba»; in genere le latrine avevano uno scarico che finiva in un pozzo nero, oppure, come in certe fortificazioni, esso terminava nel fossato sottostante; a volte la grondaia era collegata allo scarico perché fungesse da sciacquone, almeno nei giorni di pioggia.

Era invece abbastanza raro che le case comuni disponessero di latrine interne; si usavano orinali e contenitori di vario tipo che al mattino, visto che non esistevano fogne, venivano scaricati nei pozzi neri; quando questi erano pieni venivano svuotati e il materiale ricavato si trasformava in prezioso concime utilizzato nelle campagne.

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