King Arthur
Nel V secolo d.C. i Romani obbligano i Sàrmati a servire Roma per un periodo di quindici anni. Lancillotto e altri ragazzi vengono dunque inviati in Britannia per combattere contro i Pitti e i Sassoni che minacciano i confini settentrionali della provincia. Qui conoscono il loro coetaneo Artorius Castus, figlio di una donna di stirpe britannica e di un ufficiale romano. Nel 467 d.C. i giovani sarmati sono divenuti gli eroici cavalieri Lancillotto, Tristano, Galvano, Galahad, Bors, Dagonet, mentre Artorius, o Arthur, è il loro comandante. Arthur vive il proprio ruolo di rappresentante dell’impero con convinzione e ha verso i cavalieri un atteggiamento fraterno. Tuttavia per i cavalieri il periodo di servizio nell’esercito romano è scaduto: essi attendono che il vescovo Germano consegni loro l’attestato di libertà. Purtroppo il vescovo pretende da Arthur un’ultima missione: spingersi oltre il Vallo di Adriano per trarre in salvo il giovane Alessio, figlioccio del papa, e la sua famiglia, minacciati dall’invasione dei Sassoni. Giunto nella villa fortificata dove risiede Alessio, Arthur scopre che il governatore locale opprime i Britanni. Alcuni Pitti, tra cui la bellissima Ginevra, sono stati murati vivi come punizione esemplare. Nell’animo di Arthur si incrina la fiducia nella civiltà romana e cresce in lui il sentimento di solidarietà verso i Britanni, che sente sempre di più come il suo “vero” popolo. Mentre i Sassoni continuano la loro minacciosa avanzata, i Pitti si rivelano molto più civilizzati di quello che sembravano.
Artù: fama e leggenda
Non esistono personaggi tanto famosi e nello stesso tempo avvolti nel mistero quanto re Artù. Tutti hanno sentito parlare dell’antico re vissuto in Gran Bretagna, sposo di Ginevra e amico di Lancillotto, ma gli studiosi non sono riusciti a collocare questo personaggio in un preciso contesto storico, arrivando anzi a dubitare della sua esistenza.
La fama di Artù è dovuta soprattutto a quell’insieme di opere letterarie, denominate complessivamente “ciclo arturiano” o “bretone”, che a partire dal XII secolo ha narrato le imprese del re rifacendosi a miti e leggende preesistenti. Rielaborate in Francia e in Inghilterra e in epoca feudale, le vicende di Artù rispecchiano l’ideologia, i valori, le usanze dominanti di quel periodo. Testi storiografici, romanzi e poemi medievali hanno plasmato un immaginario che è ancora vivo ai giorni nostri: ecco perché quando si pensa ad Artù lo si immagina alle prese con le regole cavalleresche e l’amore cortese, tra dame, cavalieri e altri temi caratteristici del basso Medioevo.
Ritorno alle origini
Il film King Arthur offre una visione un po’ insolita. A differenza di molti film di successo che si basano sull’ambientazione tradizionale, il regista Antoine Fuqua ha provato a riportare il personaggio di Artù nella Tarda Antichità, cioè nell’epoca in cui questo re è vissuto o, più probabilmente, nella quale è nata la sua leggenda.
Ha inoltre eliminato gli elementi magici e fantastici, mettendo in secondo piano le situazioni amorose, entrambi aspetti fondamentali della tradizione letteraria, allo scopo di dare al racconto un carattere più marcatamente storico. Sono perciò scomparsi dalla vicenda i riferimenti alla ricerca del Graal e ai poteri soprannaturali di Excalibur, la prodigiosa “spada nella roccia”. Il mago Merlino, che dal Medioevo fino ai film di Walt Disney è amico di Artù, è diventato il capo dei Pitti: un anziano di profonda saggezza, metà condottiero e metà stregone, i cui sortilegi tuttavia non vengono mai resi espliciti. Anche il celebre innamoramento tra Ginevra e Lancillotto è soltanto accennato.
Il favoloso castello di Camelot non è neppure nominato, mentre è presente il Vallo di Adriano, realmente costruito dai Romani a difesa della provincia britannica. È qui che si trova la Tavola rotonda (si tratta in questo caso di una concessione evidente all’Artù letterario) dove il condottiero romano Arthur riunisce i suoi soldati.
Eventi e personaggi reali
Il Medioevo idealizzato del ciclo arturiano, povero di personaggi e di avvenimenti documentati, è stato sostituito con un’epoca più definita, per quanto poco conosciuta, corrispondente al ritiro dell’esercito romano dalla Britannia e all’avanzata dei “barbari” celti e germani.
Sono stati inseriti eventi e personaggi reali, come il monaco Pelagio il quale, anche se non fu il precettore di Artù, di sicuro predicò in Britannia e alimentò un’importante eresia, il pelagianesimo. Lo stesso vescovo Germano, da cui prende avvio la vicenda, non è altri che san Germano di Auxerre, che si recò davvero in Britannia per combattere l’eresia. Persino il terribile Cedric e suo figlio Cynric hanno un riscontro nelle cronache anglosassoni e sono considerati tra i primi capi dell’isola dopo il disfacimento dell’impero romano d’Occidente. Altrettanto si può dire della battaglia del Monte Badon, che occupa la parte finale del film: nello scontro i Britanni alleati dei Celti sconfissero gli invasori sassoni.
L’ipotesi “sarmatica”
Il problema maggiore per gli autori è stato proporre un’immagine attendibile di Artù e dei cavalieri della Tavola rotonda. Tra le varie ipotesi sull’identità di Artù è stata seguita quella secondo cui il leggendario eroe era un ufficiale romano di nome Lucius Artorius Castus, vissuto nel II secolo d.C., che avrebbe comandato un contingente di soldati sarmati in difesa del Vallo di Adriano.
La presenza in Britannia di soldati provenienti dall’Europa orientale, in particolare Alani e Sarmati, è documentata fin dai tempi dell’imperatore Marco Aurelio. Tale ipotesi, però, contrastava con la possibilità di rendere il film più avvincente, facendo combattere Artù e i suoi cavalieri contro i Sassoni, le cui prime incursioni risalgono al V secolo d.C.
Con una vistosa forzatura il protagonista viene presentato come un discendente di quell’antico difensore della Britannia romana, dal quale avrebbe ereditato anche il nome.
Un quadro suggestivo
La quantità di riferimenti storici in King Arthur è dunque consistente. Tuttavia lo scenario che emerge, per quanto suggestivo, rivela troppi errori e licenze per essere considerato credibile. Anche riconoscendo Artù come figura storica, non si può farlo diventare un allievo di Pelagio, come avviene nel film, dato che il monaco visse alcuni decenni prima rispetto agli eventi narrati.
Per rendere il vescovo Germano più “cattivo” il film lo presenta come il responsabile della morte dell’eretico, ma anche questo non corrisponde a verità, poiché il vero Pelagio terminò i suoi giorni in tranquillità, lontano dalle questioni religiose. E così via.
Trasformare una leggenda, per quanto radicata nella storia e nella civiltà europee, in un fatto realmente accaduto, è un obiettivo difficile che King Arthur ha solo in parte raggiunto.
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La sequenza
Lo sceneggiatore di King Arthur è lo stesso de Il gladiatore. Una delle sequenze più spettacolari è quella della battaglia sul lago ghiacciato. Il film è stato girato in Irlanda.
I Britanni in fuga si fermano ad attendere i Sassoni provenienti da Nord, sebbene gli invasori puntassero alla parte meridionale dell’Inghilterra, al di sotto del Vallo di Adriano. Osservando l’inquadratura si scorgono due tipici carri romani. In particolare il carro a sinistra è la classica raeda, molto simile alle diligenze dei pionieri americani. Questo tipo di carro è protagonista di una delle sequenze iniziali, dove il vescovo Germano viene sottoposto a un vero e proprio “assalto alla diligenza” in stile western.
Come nel ciclo arturiano anche in King Arthur il re deve fare i conti con un traditore. Nella leggenda il traditore è nipote di Artù e si chiama Mordred, mentre la battaglia avviene nella località immaginaria di Camlann. Qui il traditore è un anonimo Britanno (a sinistra) passato dalla parte dei Sassoni.
Per provocare la rottura del ghiaccio Dagonet avanza verso i nemici armato di un’ascia e colpisce la superficie del lago. Durante l’impresa eroica viene trafitto dalle frecce sassoni e muore. Nella leggenda Dagonet non è un coraggioso cavaliere, ma è il giullare di corte, di carattere piuttosto codardo.
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La balestra è uno strumento molto antico, già usato dai Greci nel III secolo a.C. È improbabile però che agli albori del Medioevo le tribù sassoni fossero in possesso di armi così evolute.
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Quando il ghiaccio si rompe i Sassoni precipitano nell’acqua, proprio come nel film Aleksandr Nevskij a cui la sequenza è ispirata. Una curiosità: entrambi i film vedono affrontarsi “Russi” e Germani. I Sarmati infatti abitavano il territorio tra il fiume Volga e i monti Urali, e si possono considerare tra gli “antenati” del popolo russo; i Sassoni appartenevano alla numerosa famiglia dei popoli germanici.
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