Troy
Agamennone, re di Micene, sta per conquistare tutta la Grecia. Nel frattempo Menelao, re di Sparta e fratello di Agamennone, ha organizzato una festa per i principi troiani Ettore e Paride, con i quali ha stretto un’alleanza. Mentre si trova a Sparta, Paride intreccia una storia d’amore con la moglie del re, Elena, che lo segue fino a Troia. Menelao, infuriato, prepara insieme ad Agamennone una spedizione di Greci contro Troia, coinvolgendo anche il più forte di tutti i guerrieri: Achille. Greci e Troiani si combattono con alterne fortune: l’esercito e le mura di Troia proteggono molto bene la città, che può contare sul valore militare di Ettore. I Greci scontano anche il fatto che Achille, offeso perché Agamennone lo ha privato della schiava Briseide, si rifiuta di combattere. Tuttavia quando Ettore per sbaglio uccide Patroclo, amico fraterno di Achille, quest’ultimo riprende le armi, uccidendo Ettore e facendo strage di Troiani. Ciò nonostante la città resiste, e sarà Ulisse, con il famoso stratagemma del cavallo, a risolvere la situazione a favore dei Greci.
Tutto il poema e non solo
Troy cerca di condensare in quasi tre ore gli avvenimenti più importanti dell’Iliade, il poema epico risalente al secolo VIII a.C. che racconta la leggendaria guerra di Troia, avvenuta intorno al 1250-1200 a.C. Com’è noto, il poema è ambientato durante l’ultimo anno della guerra di Troia, per la precisione nei cinquanta giorni che vanno dall’«ira di Achille», quando l’eroe greco litiga con Agamennone a causa della schiava Briseide, fino al funerale di Ettore, dopo che il re Priamo ha ottenuto da Achille la salma del proprio figlio. Il film tuttavia, per quanto incentrato sull’Iliade, propone una versione più estesa della vicenda, includendo eventi che appartengono alla tradizione omerica (l’insieme delle leggende e delle opere letterarie che prendono spunto dall’Iliade e dall’Odissea), piuttosto che i due grandi poemi attribuiti a Omero. Per esempio, il cosiddetto “rapimento di Elena”, che la leggenda presenta come origine della guerra, non è raccontato nell’Iliade né tantomeno nell’Odissea. Allo stesso modo, l’inganno del cavallo ordito da Ulisse e la distruzione della città sono menzionati di sfuggita nell’Odissea, ma sono descritti ampiamente soltanto nell’Eneide del poeta latino Virgilio, vissuto molti secoli dopo.
Dal mito alla realtà
Per rendere più comprensibile la vicenda e per poter usufruire di ulteriori spunti narrativi, il regista e i suoi collaboratori hanno dunque allargato lo sguardo all’intera guerra. Nello stesso tempo, però, hanno ridotto la durata del conflitto a poche settimane, mentre secondo la tradizione Greci e Troiani si sarebbero affrontati per almeno dieci anni. Hanno inoltre lasciato fuori la vera “causa” della guerra, ovvero l’episodio mitologico conosciuto come “giudizio di Paride”: è in quell’occasione che il giovane troiano riceve come premio dalla dea Afrodite l’amore di Elena, la donna più bella del mondo; nel film, invece, la passione tra Paride ed Elena sembra nascere per ragioni esclusivamente umane, e non, come nel mito, per i capricci degli dèi. A ben guardare, anzi, è stato completamente eliminato l’aspetto divino e soprannaturale, che invece ha un ruolo fondamentale nell’universo omerico. Per fare un esempio, nel film il duello tra Paride e Menelao si conclude diversamente rispetto al poema: mentre nel film Paride viene salvato da suo fratello Ettore, nell’Iliade egli viene nascosto da Afrodite che fa calare su di lui una spessa nuvola. Più in generale, gli dèi e i loro eccezionali poteri risultano assenti; la dea Teti è l’unica divinità che compare sullo schermo, ma nelle sue vesti più umane: quelle di una madre, la madre di Achille. Queste scelte rivelano un preciso obiettivo o messaggio del film: fare della guerra devastante tra Greci e Troiani un avvenimento reale più che mitologico, una vicenda di cui gli uomini, ed essi soltanto, portano la responsabilità. Ne consegue che i fatti narrati, per quanto avventurosi e avvolti dalla leggenda, vengano presentati come qualcosa di veritiero o comunque plausibile in quel periodo storico.
L’emergere della Storia
Proprio la dimensione umana e realistica di Troy giustifica una lettura storica, consente cioè di vedere il film come una ricostruzione analoga ai tanti film narrativi che hanno fatto rivivere il passato, lontano o recente. Da questo punto di vista gli aspetti di Troy più convincenti non sono tanto le storie individuali dei personaggi, inevitabilmente legate alla loro origine letteraria, ma riguardano l’orizzonte più vasto in cui si svolgono le vicende: dal contesto storico, come l’importanza di Micene e il suo espansionismo, rappresentato dalle bramosie di Agamennone, fino alle scenografie e alle riprese in esterni, efficaci e sostanzialmente corrette nel suggerire ambienti, paesaggi, atmosfere della Grecia arcaica, pur rispettando le esigenze di spettacolarità tipiche di questo genere di film. Né si può negare l’efficacia del personaggio di Achille: a dispetto della modernità implicita della star che lo interpreta, esso rispecchia le caratteristiche essenziali dell’eroe omerico: il guerriero eccellente, desideroso di fama e irascibile ma anche disposto alla pietà, capo di una esigua tribù di fedelissimi e ribelle all’autorità di Agamennone, ci dice qualcosa o meglio ci conferma quello che già sappiamo sulla civiltà greca dei tempi di Omero.
Differenti piani sovrapposti
Certo è difficile, guardando il film, riconoscere i vari piani che si incrociano e si sovrappongono: il piano della storia e quello della fantasia, del XIII e dell’VIII secolo, della letteratura arcaica e del cinema degli anni 2000. Ma non si tratta, in realtà, di una situazione nuova, se si considera che il primo “regista” che si è occupato delle vicende di Greci e Troiani fu proprio Omero, il quale (o chiunque altro si nasconda dietro questo nome) aveva già reinterpretato la storia di molti secoli addietro in chiave poetica e narrativa, mescolando il materiale di cui disponeva e adattandolo alla propria epoca.
La sequenza
Omero descrive nei dettagli il duello tra Ettore e Achille.
Merita dunque soffermarsi per individuare quanto la ricostruzione cinematografica sia fedele al racconto dell’Iliade.
Achille giunge sotto le imponenti mura di Troia sul carro da guerra. Omero lo fa arrivare a piedi ma con passo rapido e sicuro “come cavallo uso a vincer col cocchio”. Ai tempi di Omero il carro serviva al guerriero come mezzo di trasporto ma non veniva più usato in battaglia: in questo il film segue Omero.
Come nell’Iliade, Achille inizia a gridare il nome di Ettore per indurlo a battersi. Il bell’aspetto e la capigliatura bionda corrispondono al ritratto che ne fa Omero.
L’elmo è di tipo corinzio e caratterizzava l’armatura degli opliti, perciò è posteriore alla guerra di Troia.
Chiamato da Achille, Ettore esce dalla città e affronta subito l’eroe greco. Nell’Iliade, invece, il troiano si fa prendere dalla paura e fugge correndo intorno alle mura, mentre Achille lo insegue. Nel momento in cui si spalancano le porte di Troia per far uscire Ettore, possiamo notare un particolare architettonico: alcune colonne in stile minoico come quelle del palazzo di Cnosso, a Creta. Non si può escludere che un tale elemento fosse presente nella civiltà micenea e tra i popoli in contatto con essa.
A parte lo scudo e la lancia, per i quali si rimanda all’immagine del vaso di ceramica, l’interesse della scena ha un valore soprattutto estetico: la maestria del regista sta nell’aver rievocato le schermaglie degli occhi e dei corpi, come in Omero, in uno scenario silenzioso e deserto, ma anche nell’aver riprodotto le forme e il dinamismo di certe raffigurazioni antiche, come quelle del pittore ateniese.
Nel film lo scudo di Achille appare stranamente semplice rispetto al racconto di Omero. Forgiato dal dio Efesto appositamente per l’eroe, lo scudo recava complesse decorazioni istoriate, che il poeta descrive minuziosamente; attraverso esse gli storici hanno tratto preziose indicazioni sulla società e sulla cultura greca del secolo VIII a.C. Dato che è impossibile che uno scudo contenga tali e tante raffigurazioni, possiamo considerare anche questa “mancanza” come una scelta in favore del realismo.