Sommario
Economia e storia
Dal commercio degli schiavi a quello dello zucchero La schiavitù medievale Dolcezza a caro prezzo

Dolcezza a caro prezzo


Diffuso dagli Arabi nel mondo mediterraneo, lo zucchero divenne subito una merce ricercata. Tuttavia i costi di produzione erano molto alti.

Miele di giunco
La canna da zucchero venne coltivata inizialmente nelle isole della Nuova Guinea circa diecimila anni fa; da qui iniziò un lungo e lentissimo cammino verso Occidente fino a raggiungere dopo duemila anni la penisola indiana, dove trovò un ambiente adattissimo alla sua crescita e una popolazione che la apprezzava molto. Nella letteratura indiana antica troviamo le prime attestazioni di un suo uso alimentare nella confezione di budini di riso, focacce dolci e bevande.
Uno dei generali di Alessandro Magno ci ha lasciato nella sua cronaca del viaggio intrapreso verso oriente una splendida definizione della canna da zucchero: «un giunco che stilla miele».
Nel I secolo a.C. lo zucchero raggiunse Roma: Plinio, Dioscoride e Galeno ne parlano, infatti, come di un’essenza medicinale.
Con l’espansione araba nel bacino del Mediterraneo lo zucchero perse le caratteristiche di sostanza esotica. A partire dal IX secolo i grandi latifondisti arabi cominciarono a trovare conveniente investire in questo prodotto, e convertirono una parte delle loro sterminate fattorie alla produzione specializzata di canna. Essa venne impiantata in Egitto, Siria, Iraq, Yemen, Marocco, Cipro, Creta, persino nella penisola iberica e in Sicilia, al punto che la produzione e commercializzazione dello zucchero divenne un fattore primario della floridezza economica musulmana. Risale al 966, invece, la prima notizia certa di un carico di zucchero sbarcato nel porto di Venezia.

La coltivazione della canna da zucchero, miniatura del XII secolo. Vienna, Biblioteca Nazionale Austriaca.

Raffinerie dispendiose

La messa in opera di un’attività di produzione dello zucchero era estremamente dispendiosa. Innanzitutto bisognava essere in grado di rifornire costantemente la piantagione di acqua. Altra materia indispensabile era il legname da bruciare per portare a ebollizione il succo estratto dalla macinazione delle fibre. Per provvedere all’acqua gli Arabi misero a punto complessi e ramificati sistemi idraulici; per il legname, dopo aver depredato le scarse risorse naturali, dovettero rassegnarsi a importarlo.
Un altro fattore che contribuiva a far lievitare i costi era costituito dalla necessità di numerosa manodopera, indispensabile per la lavorazione della canna. Inoltre dove sorgevano le coltivazioni non era possibile seminare niente altro e quindi anche le derrate alimentari della popolazione locale dovevano essere importate. Anche la costruzione degli impianti di lavorazione era dispendiosa. Le macine che trituravano le fibre della canna in origine erano costruite in legno, poi in pietra.
Ai primi del Quattrocento in Sicilia fu inventato il “trappeto”, tre grossi cilindri con una piccola intercapedine tra l’uno e l’altro che servivano a pressare più agevolmente la canna. L’impianto di raffinazione era completato dalle vasche per la bollitura del liquido ottenuto, operazion e che doveva essere ripetuta molte volte per far evaporare gli umori in eccesso e far cristallizzare il saccarosio.

 

Commerciante intento a pesare lo zucchero nella sua bottega di dolciumi, miniatura del XII secolo. Vienna, Biblioteca Nazionale Austriaca.
PASTICCERIE E NEGOZI DI DOLCIUMI

PASTICCERIE E NEGOZI DI DOLCIUMI

Furono gli Arabi gli iniziatori di una vera e propria tradizione gastronomica basata sul gusto dolce dello zucchero. A loro volta avevano imparato ad apprezzarlo dai Persiani, che lo usavano da secoli.
I viaggiatori e i mercanti europei in visita alle grandi metropoli del mondo musulmano si incantavano come bambini di fronte alle pasticcerie e ai negozi di dolciumi. Si trovavano le paste, fatte di una sfoglia piuttosto spessa e farcite di mandorle, datteri, noci, pistacchi insieme a una quantità di spezie diverse; i bignè, realizzati invece con una pasta sottile, composta semplicemente di farina e acqua, fritti nell’olio e quindi spolverati di miele e acqua di rose; i torroni a base di miele, zucchero, mandorle, noci, nocciole e pistacchi; marzapani con mandorle tritate e zucchero, tagliati in forme geometriche. Sciroppi vari e una gran quantità di sorbetti alla frutta completavano il quadro di queste meraviglie.

Commerciante intento a pesare lo zucchero nella sua bottega di dolciumi, miniatura del XII secolo. Vienna, Biblioteca Nazionale Austriaca.

Commerciante intento a pesare lo zucchero nella sua bottega di dolciumi, miniatura del XII secolo. Vienna, Biblioteca Nazionale Austriaca.

Schiavi del dio-zucchero
Il prodotto così ottenuto aveva un largo mercato e gli Arabi lo vendevano sia agli Europei che alle popolazioni dell’Estremo Oriente. Questo sistema di scambi andò avanti per tutto il tardo Medioevo.
Agli inizi del XV secolo si assiste però a un vero e proprio crollo della produzione araba. Ma i tempi erano ormai maturi per nuovi e più ampi scenari.
La canna venne portata in America da Cristoforo Colombo in occasione del viaggio del 1493 e il primo carico di zucchero prodotto nel Nuovo Mondo raggiunse l’Europa nel 1516: da questo momento iniziò la sottomissione al dio-zucchero di intere tribù africane, deportate in schiavitù nei Caraibi per lavorare nelle piantagioni. Contemporaneamente cominciò la deforestazione di vaste zone dell’America centromeridionale per far posto alle nuove coltivazioni.

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