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Protagonisti
Ritratto di due sconfitti di talento - Introduzione Federico II, un grande imperatore Giovanna d'Arco, isterica o santa?

Giovanna d'Arco, isterica o santa?


L'autore
Franco Cardini

Franco Cardini (1940), dopo la laurea in Lettere presso l’Università di Firenze, per breve tempo è stato professore di scuola superiore e poi ha insegnato in diverse università tra cui quelle di Middlebury, Barcellona e Bari. Attualmente è professore ordinario di storia medievale presso l’Università di Firenze. Tra i suoi numerosi libri si ricordano: L’avventura di un povero crociato (1997); L’appetito dell’imperatore. Storie e sapori segreti della Storia (2014); entrambi nel 2015: Andare per le Gerusalemme d’Italia e Un uomo di nome Francesco; nel 2016: Il califfato e l’Europa. Dalle crociate all’ISIS: mille anni di paci e guerre, scambi, alleanze e massacri; «L’Islam è una minaccia». (Falso) e Onore. Per i suoi studi ha ricevuto numerosi riconoscimenti.

Una fanciulla psicologicamente fragile che si impegna nella guerra o una fedelissima figlia della Chiesa che finisce bruciata come eretica? La storia della «pulzella d’Orléans», che ancora fa discutere, raccontata da un grande medievista italiano.

Giovanna nacque verso il 1412, nel villaggio di Domrémy, un paesello sulla Mosa, ai confini tra la Champagne, soggetta al duca di Borgogna, e la Lorena, feudo dell’impero. Era una dei cinque figli di una coppia di contadini; una ragazza come tante che non sapeva né leggere né scrivere, e accudiva alle faccende domestiche. Era un’adolescente tredicenne quando, nell’estate del 1425, cominciò a udire delle «voci» da lei attribuite all’arcangelo Michele e alle sante Margherita e Caterina.

Per la mentalità laica non vi sono dubbi: si trattava di tempeste ormonali che nel fisico degli adolescenti portano turbamenti, generalmente passeggeri, ma non sempre di lieve entità. Oppure quelle voci potevano essere messe in relazione a una forma di tumore al cervello, alla schizofrenia o, più probabilmente, all’isteria scatenata da scene di violenza a opera degli Inglesi a cui verosimilmente aveva assistito. Queste ipotesi vengono ovviamente respinte dai credenti per i quali Giovanna era assolutamente sana di mente: se diceva di aver sentito delle voci, di aver parlato con qualcuno era perché aveva sentito e aveva visto qualcosa. Non bisogna infatti dimenticare che in ogni tempo ci sono persone che dichiarano di essere in comunicazione con il mondo celeste e non sono affatto pazze. Fa parte della fede credere che questo sia possibile. Le «voci» chiedevano a Giovanna di seguire la volontà di Dio, cioè di liberare il suolo di Francia dall’invasore inglese. Negli anni si fecero perentorie: le affidavano la missione di liberare la città di Orléans e poi di condurre Carlo di Valois all’incoronazione.

Giovanna d’Arco in una miniatura del XVI secolo.

Giovanna dunque doveva incontrare Carlo, il delfino di Francia (così si definisce l’erede al trono francese). Dopo essere stata opportunamente esorcizzata dal parroco, partì. Indossò abiti maschili, più adatti al viaggio, e salì su un cavallo donatole dai suoi compaesani. L’addio ai congiunti significò la rinuncia a una vita familiare ordinaria, a un destino sereno di moglie e di madre.

Era il febbraio 1429, in pieno inverno. Scortata da soldati, percorse quasi 600 chilometri, metà dei quali in territorio nemico, per raggiungere Carlo di Valois a Chinon. Domenica 6 marzo, Giovanna giunse al castello. Non avrebbe mai dimenticato la scena così maestosa per i suoi occhi di contadinella: trecento cavalieri assistevano al suo passaggio, cinquanta torce illuminavano la sala.

Sospettoso, ma anche attratto dalle profezie della giovane, il delfino sottopose Giovanna al vaglio dei teologi. Fu interrogata sulla sua devozione, la sua ortodossia, la sua moralità. L’esame fu rigoroso ed essa lo superò: da allora sarebbe stata chiamata da tutti «la Pulzella», la vergine.

Carlo, pur senza grande convinzione, decise di darle retta. Giovanna voleva agire, combattere affinché egli diventasse re, e questo non poteva che tornargli utile. Le fu quindi preparata un’armatura, assegnato uno stendardo e la si pose alla guida di una piccola armata.

L’8 maggio 1429, circondata dall’entusiasmo popolare, Giovanna liberò Orléans: gli Inglesi si ritirarono di fronte alla sua inattesa capacità militare. Si era avviato un meccanismo psicologico positivo e arrivarono altre vittorie.

Il ruolo propriamente militare di Giovanna non è chiaro, in quanto non ricevette mai alcun incarico di comando. Giovanna incoraggiava e spingeva all’entusiasmo i soldati. Esortando ad attaccare, la Pulzella dava l’esempio, obbligava gli uomini a non lasciarla sola nell’assalto: la sua funzione specifica era più nella guida – nel senso proprio del termine – che nel comando.

Liberata Orléans, Carlo doveva essere incoronato e consacrato nella cattedrale di Reims, con tutti i crismi religiosi, come imponeva la tradizione. Nella cultura di Giovanna, solo dopo questo passaggio il sovrano diveniva «unto dal Signore» e poteva acquisire il vero potere regale. Sarebbe stato il primo passo verso la liberazione di tutta la Francia. Persino il duca di Borgogna non si oppose. Dopo venticinque giorni di cavalcata, Carlo, Giovanna e l’armata reale entrarono a Reims. La gloria di Giovanna toccò l’apice: la gente le si stringeva attorno, la ammirava, la applaudiva ben più dello stesso erede al trono. Il 17 luglio 1429, nella cattedrale della città, il delfino divenne Carlo VII, re di Francia, con tutti i riti d’obbligo.

Dopo questo successo la Pulzella cominciò a diventare ingombrante negli ambienti di corte. Non le furono affidati più incarichi ed era pressoché sola quando tentò un nuovo attacco contro i nemici, a Compiègne. Nel maggio 1430 fu così catturata dai Borgognoni.

Giovanna d’Arco al rogo; miniatura francese. Parigi, Biblioteca Nazionale.

Mentre Giovanna era prigioniera del duca di Borgogna, Carlo VII non mosse un dito per liberarla. Le doveva il trono, ma sembrò essersi completamente dimenticato della sua eroina. Gli Inglesi insistevano per avere in consegna la Pulzella. Volevano screditare Carlo VII attraverso la denigrazione di Giovanna. Insomma, se l’Inquisizione l’avesse dichiarata eretica, era chiaro che Carlo aveva cinto la corona grazie alle male arti di una nemica della Chiesa. Dopo alcuni mesi, gli Inglesi ebbero Giovanna per 10000 scudi d’oro. Il processo dell’Inquisizione si aprì il 9 gennaio 1431, l’accusa era di eresia.

Durante gli interrogatori Giovanna dimostrò fermezza e intelligenza: replicava a tono e con ironia agli inquisitori che cercavano di confonderla. Il suo capolavoro fu la risposta a una domanda insidiosa: «Giovanna, sei in grazia di Dio?». Rispondere di sì sarebbe stato peccato d’orgoglio e indice di una volontà ereticale di porsi al di fuori del giudizio della Chiesa; il contrario, l’ammissione che essa sapeva di essere in peccato e che quindi i giudici avevano ragione. Ma essa aggirò l’ostacolo con una risposta piena di saggezza teologica e di carità: «Se non ci sono, Dio mi ci metta; se ci sono, Dio mi ci mantenga ». Le chiedevano se intendesse o meno sottomettersi alla Chiesa: ed essa rispondeva di sì, ma che tuttavia Dio veniva prima, e che era alla Chiesa trionfante di Dio, della Vergine, degli angeli e dei santi che essa si riferiva prima che a quella militante dei prelati e dei teologi.

Alla lunga, però, disorientata e stremata, accettò di abiurare. Poi ci ripensò e ritrattò la confessione.

Come era prassi in questi casi fu dichiarata relapsa, cioè recidiva: una colpa per cui era prevista la pena capitale. Il 30 maggio 1431, all’età di diciannove anni, la ragazza che aveva restituito la Francia al suo re e aveva risvegliato lo spirito nazionale andò al rogo nella piazza del Mercato Vecchio di Rouen. Terminava l’esistenza terrena della pulzella d’Orléans, ma cominciava la memoria eterna e il mito. Lo stesso Carlo VII, ormai sicuro sul trono di Francia, nel 1455 ottenne dal papa la riapertura del processo e la completa riabilitazione di Giovanna. Non gli andava di dovere il trono a un’eretica.

I secoli successivi hanno consolidato il mito della vergine guerriera. Con il tempo però è emerso anche l’aspetto spirituale, tanto che nel 1909 Giovanna è stata dichiarata santa. Il motivo lo spiega Régine Pernoud, storica del Medioevo: «Leggendo gli atti del processo per eresia ci si accorge che di fronte alle costruzioni di intellettuali sicuri di loro stessi Giovanna rappresenta la fede: la fede nella sua semplicità e anche nella sua potenza».

In ogni caso, Giovanna d’Arco manifestò un incredibile coraggio e una straordinaria saggezza teologica. Non male per una ragazza analfabeta di diciannove anni.

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