Sommario
Storia di copertina
Luigi XVI: un uomo goffo che però seppe morire - Introduzione Il re sonnecchiava mentre si preparava la rivoluzione Luigi è già stato giudicato! Il processo e la condanna Le ultime ore del re È lecito uccidere il tiranno?

Il processo e la condanna


L'autore
Lucio Villari

Lucio Villari (1933), professore di Storia contemporanea alla Terza Università di Roma, autore di volumi e saggi sulla storia delle idee, della cultura e della vita sociale in Europa e negli Stati Uniti tra Settecento e Novecento, con particolare attenzione alla Rivoluzione francese e al capitalismo novecentesco. Tra le sue ultime opere si possono segnalare: Settecento adieu: cultura e politica nell’Europa dei lumi (1985); Settecento adieu: dall’Illuminismo alla Rivoluzione (1989); Il capitalismo italiano del Novecento (1993), nonché i più recenti Romanticismo e tempo dell’industria (1999) e L’insonnia del ‘900 (2000).

Le prove del tradimento, il processo e infine la condanna a morte. Approvata con un solo voto di maggioranza.

La Convenzione disponeva di prove a sufficienza per incriminare il re. Altre ne ottenne il 20 novembre, quando venne scoperto alle Tuileries un armadio di ferro segreto contenente documenti, certamente autentici, comprovanti l’ostilità del re alla rivoluzione, il suo appoggio all’emigrazione di molti aristocratici, di cui aveva anche finanziato la propaganda reazionaria.

Vi erano però perplessità: Morisson, un deputato della destra, intervenne sostenendo che, poiché la Costituzione del 1791 aveva concesso l’inviolabilità al sovrano, Luigi XVI non poteva essere sottoposto a giudizio. Il 13 novembre prese la parola Saint-Just: a suo avviso, Luigi XVI effettivamente non doveva essere pro- L’esecuzione di Luigi XVI avvenuta il 21 gennaio 1793 nella piazza della rivoluzione gremita di uomini, donne e soldati. Quando il boia mostra la testa del sovrano si alzano le picche con i berretti frigi in segno di esultanza. Incisione del XVIII secolo. Parigi, Museo Carnavalet. cessato, andava direttamente punito per il solo fatto d’essere re. Nella sostanza è la stessa tesi che con argomentazioni più articolate sosterrà Robespierre il 3 dicembre: la Francia ha abbattuto la monarchia e si è data un ordinamento repubblicano. La sorte del sovrano, dunque, è già decisa; non c’è bisogno di alcun processo: «Luigi deve morire perché la patria viva».

La maggioranza della Convenzione, però, decise che il processo si doveva fare: la Francia e tutta l’Europa non dovevano dubitare della legittimità del verdetto. I girondini, che fino a quel punto avevano tentato in tutti i modi di rinviare il processo, chiesero che la sentenza della Convenzione fosse sottoposta al giudizio popolare. A partire dal 14 gennaio, i deputati furono così chiamati, per appello nominale, a pronunciarsi su tre quesiti: la colpevolezza del re, l’appello al popolo e la pena da applicare. La colpevolezza viene votata quasi all’unanimità; l’appello al popolo venne respinto con 424 voti contro 287; la condanna a morte fu approvata con un solo voto di maggioranza. Fu necessaria una quarta votazione perché vari deputati avevano approvato la condanna chiedendo un rinvio dell’esecuzione. La richiesta del rinvio venne bocciata con 380 voti contro 310.

L’esecuzione di Luigi XVI avvenuta il 21 gennaio 1793 nella piazza della rivoluzione gremita di uomini, donne e soldati. Quando il boia mostra la testa del sovrano si alzano le picche con i berretti frigi in segno di esultanza. Incisione del XVIII secolo. Parigi, Museo Carnavalet.

La ghigliottina

La condanna a morte di Luigi XVI doveva essere eseguita per mezzo della ghigliottina, la macchina inventata dal dottor Joseph-Ignace Guillotin per diminuire le sofferenze dei condannati a morte che all’epoca venivano sottoposti a pene dolorose come lo squartamento, l’impiccagione o la decapitazione mediante un’ascia.

Guillotin aveva proposto la sua macchina all’Assemblea Nazionale: Antoine Louis, segretario dell’Accademia di Chirurgia, presentò una dettagliata descrizione tecnica della macchina, la cui costruzione fu commissionata al carpentiere del demanio Guidon.

La macchina fu posta in opera il 25 aprile 1792. Nata per i delinquenti comuni, fu soprattutto usata contro i nemici della rivoluzione: in soli 47 giorni, durante il periodo del Terrore, furono giustiziati 1376 Parigini. Complessivamente, durante il Terrore le condanne a morte eseguite furono più di 46.000.

La ghigliottina venne inventata per diminuire le sofferenze del condannato

Immagine commentata - La ghigliottina

Anonimo, Esecuzione di Luigi XVI. Parigi, Museo Carnavalet.

  1. Le ghigliottine, costruite in rovere, erano verniciate in rosso per attenuare nel pubblico l’effetto della vista del sangue, soprattutto durante le esecuzioni di massa.
  2. La lama (mannaia) era d’acciaio e pesava 48 kg, mentre il peso totale della ghigliottina era di 580 kg. La lama, una volta staccato il meccanismo di sicurezza, cadeva in meno di un secondo. La sua inclinazione rendeva più semplice e rapida la recisione della testa. Tirando la corda, la lama risaliva ed era di nuovo pronta.
  3. La testa del condannato era collocata fra due pezzi a incastro scorrevoli.
  4. La ghigliottina misurava circa 4 metri d’altezza ed era sostenuta da una piattaforma di assi, a sua volta collocata su una pedana per permettere al pubblico di vedere l’operazione e di ingiuriare il condannato. Nei primi tempi, tuttavia, il patibolo era ogni volta smontato e rimontato sul luogo del crimine; si scelse poi, per comodità, un luogo fisso per le esecuzioni.
  5. La testa cadeva in una cesta piena di segatura: la coscienza del ghigliottinato poteva durare ancora circa 30 secondi.
  6. Per poter infilare la testa nel ceppo, il condannato veniva disteso su un’asse mobile. Una volta decapitato, il resto del cadavere veniva spostato con lo stesso meccanismo: grazie a un cardine, la tavola si poteva inclinare e far cadere il corpo a terra senza sforzo da parte del boia e dei suoi aiutanti.
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