Sommario
Tecnica e Storia
L'ora dei fanti - Introduzione Le tattiche belliche sul finire del Medioevo Le armi da fuoco tra Medioevo e prima Età moderna

Le armi da fuoco tra Medioevo e prima Età moderna


La guerra dei Cent’anni fu una grande fucina di esperienze militari: fra l’altro, venne impiegata per la prima volta in quantità consistenti la polvere da sparo, anche se va notato che l’impiego delle armi da fuoco portatili incise marginalmente sulle guerre fino al Cinquecento inoltrato. Diverso il discorso per l’artiglieria di cui, soprattutto a partire dalla seconda metà del Quattrocento, si riconosce l’importanza negli assedi.

Nell’esame del trapasso dall’arte militare medievale a quella moderna non ci è avvenuto che incidentalmente di parlare delle armi da fuoco. E realmente noi abbiamo osservato lo svolgimento della tattica soprattutto nei rapporti fra combattimento all’arma bianca e coll’arma da getto, le due fondamentali forme di lotta. E abbiamo visto l’efficienza dell’urto all’arma bianca della cavalleria diminuire di fronte all’azione degli arcieri appoggiati da cavalieri appiedati, e i cavalieri circondarsi di tiratori, arcieri, balestrieri, schioppettieri. Poi i cavalieri e i tiratori cedere ai picchieri serrati in quadrato.

Soldati armati di archibugio; particolare dall'affresco di Giorgio Vasari, La presa del forte presso Porta Camollia di Siena, 1563. Firenze, Palazzo della Signoria.

Le armi da fuoco ci interessano dunque soprattutto in quanto accrescono la capacità dell’arma da getto. Orbene, si può dire senz’altro che fin quasi al 1520 le armi da fuoco portatili non risultano in complesso superiori a quelle già in uso, né il loro impiego tattico sostanzialmente diverso; e solo per casuali circostanze si possono preferire, così come si può anteporre la balestra all’arco o un tipo di balestra e d’arco a un altro. Di conseguenza, come nell’antichità frombolieri e arcieri, così anche ora arcieri, balestrieri e schioppettieri si possono ugualmente riunire nel termine sintetico di «tiratori», e considerare a parità di condizione, da questo punto di vista. Alquanto diversa è invece la situazione rispetto all’artiglieria e soprattutto all’artiglieria d’assedio. È vero che nel secolo XIV le artiglierie a polvere, riunite nella comune denominazione di bombarde, stentano a imporsi alle artiglierie a leva, trabucchi, briccole, mangani. Ma col secolo successivo, e soprattutto nella seconda metà, il progresso è evidente. Sebbene la meccanica e la matematica non consentano ancora studi adeguati sulla resistenza della culatta al tormento dell’esplosione, la forza di questa in rapporto alla quantità della polvere, la traiettoria del proiettile, la sua potenza d’urto in relazione colla velocità e coll’angolo di caduta, e via di seguito, tuttavia si tende a costruire artiglierie capaci, più che di lanciare un proiettile molto grosso, di scagliarlo a distanza e con una crescente forza di penetrazione, e in un tempo sempre minore. Questo progresso, visibile più o meno ovunque, è particolarmente sensibile in Francia; e qui prima che altrove, sembra verso il 1480, diventano usuali le artiglierie con palle di ferro fuso, assai più piccole di quelle di pietra e con un grado di penetrazione di gran lunga superiore.

Condividi