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Vita quotidiana
L'insostenibile leggerezza della Belle époque - Introduzione Liberarsi del superfluo Il terremoto, una sciagura chiamata «u binidittu» Il grido delle suffragette

Liberarsi del superfluo


L'autore

Claude Dufresne (1920-2011) è stato un giornalista e scrittore francese. Ha collaborato per più di trent’anni con la rete radiofonica France-Inter. Scrisse diverse biografie di personaggi femminili, come La Callas (1990) o La Comtesse de Castiglione (2002). Ricordiamo inoltre Les Revoltes de Paris 1358-1968 (1998)

L’evoluzione della moda femminile tra Otto e Novecento è all’insegna della funzionalità. Lo scopo? Soddisfare donne moderne che praticano sport e lavorano

Nuovi tessuti e tecnologia

Al passaggio del secolo la moda conservava ancora in gran parte la sapienza della tradizione artigianale dell’Ottocento, ma gli influssi della rivoluzione industriale, dei cambiamenti sociali e culturali erano già evidenti. Furono le fabbriche tessili delle città inglesi a determinare un cambiamento nel vestire, fornendo buoni tessuti di cotone a prezzi sempre meno elevati.

L’espansione del mercato mondiale permise di utilizzare diversi tipi di tessuti, preziosi e colorati, resistenti e sofisticati.

Anche i gusti mutarono, rivolgendosi verso motivi esotici. Si affermò infatti la tendenza a privilegiare i colori vivaci, i disegni orientaleggianti, le decorazioni.

La nuova tecnologia applicata al tessile portò sul mercato nuove fibre artificiali, come il rayon derivato dalla cellulosa. L’introduzione della macchina per cucire, dopo il 1870, semplificò la lavorazione degli abiti. Fra il 1890 e il 1910 l’affermarsi della fabbricazione in serie di capi d’abbigliamento abbassò i costi e rese accessibili abiti alla moda anche ai ceti meno ricchi.

I bottoni a pressione, inventati nel 1902, e la chiusura lampo, nel 1913, furono invenzioni destinate a un grande futuro nel settore dell’abbigliamento.

La distribuzione di capi di vestiario iniziò a diffondersi anche nei grandi magazzini dove i prezzi potevano essere più contenuti. Le barriere di ceto e di rango, così nette nei secoli precedenti nel «linguaggio» della moda, gradualmente si ridussero.

La crescita dei redditi, inoltre, consentì di assegnare una maggiore percentuale di spesa all’abbigliamento: oltre ad acquistare un maggior numero di capi, si ricercava una migliore qualità. La domanda crescente, a sua volta, diede al ritmo del mutamento della moda una rapidità inconsueta per quell’epoca.

Nel XX secolo, dunque, il settore della moda iniziò un nuovo e redditizio percorso che è all’origine del «business» delle grandi aziende del nostro tempo.

Cappotto firmato da Paul Poiret, custodito presso il Metropolitann Museum of Art.

Parigi laboratorio del gusto

Molto dello stile dell’Ottocento era ancora di moda. Le donne rivaleggiavano nella stravaganza e nello sfoggio di gonne sempre più gonfie, ricche di elementi decorativi. Era ancora diffuso l’impiego di tessuti sfarzosi: «moda canaglia» veniva chiamata la moda parigina per lo sfarzo e l’eccentricità. Per gran parte del Novecento Parigi conservò il primato e il ruolo di laboratorio del gusto che aveva avuto per tutto il secolo precedente; era la vetrina mondiale in cui si rispecchiavano creatività, desiderio di piacere e di stupire. La capitale francese era sempre in cerca di nuove bizzarrie con le quali sorprendere la società mondana dei salotti e dei ricevimenti.

 

La rivolta contro lo stile dell’Ottocento

Accanto alla moda tradizionale, a Londra, cominciò a imporsi un movimento di protesta avviato dall’americana Amalia Bloomer.

Lo scopo era di promuovere una riforma del gusto e di guidare la «battaglia contro la moda». Questi agguerriti censori della moda non muovevano da posizioni moralistiche, ma da più concrete preoccupazioni sanitarie. Per le donne, vittime della moda e dei busti steccati, si esaltava un corpo più libero e naturale, non costretto artificialmente in «prigioni di tessuto».

A Parigi la rivolta contro le tendenze stilistiche dell’Ottocento fu condotta dal sarto Paul Poiret, che eliminò sottovesti e busti, crinoline e volants che avevano dominato i decenni precedenti. Poiret ideò cappotti ampi e dritti con un taglio che ricordava il kimono giapponese; introdusse, inoltre, vestiti dalla linea dritta.

Nel 1912, Poiret escogitò una trovata pubblicitaria che lo rese famoso in tutta Europa: sostituì i vecchi manichini con modelle in carne e ossa. Con due automobili portò le indossatrici e i suoi abiti in giro per le capitali europee, organizzando sfilate di enorme successo. Le donne che non potevano seguire le sfilate avevano però la possibilità di conoscere le novità della moda sulle pagine di «Vogue».

Paul Poiret con una modella.

Emancipazione femminile e moda

L’inserimento delle donne nel mondo del lavoro cambiò radicalmente i comportamenti sociali e la mentalità. L’emancipazione femminile fece registrare una svolta importante nella produzione di abbigliamento. I grandi magazzini divennero punti di ritrovo per signore e signorine delle classi agiate. La pratica dello sport, come il ciclismo, il tennis, il nuoto o la scherma, anche fra le donne richiedeva al mercato dell’abbigliamento nuovi prodotti più pratici. Comparirono i primi calzoni gonfi e stretti al ginocchio e la gonna pantalone, diffusasi intorno al 1911. Erano capi funzionali che scandalizzarono i benpensanti e divennero il simbolo della lotta femminile per l’uguaglianza dei diritti.

La diffusione del cinematografo propose una diversa versione della femminilità: la vamp, una donna sofisticata e inaccessibile, con grandi occhi anneriti dal trucco che lanciavano sguardi languidi da sotto il turbante che le cingeva la testa. A questo genere di donna piacevano gli abiti morbidi e fluttuanti, con maniche ampie e pannelli svolazzanti fino alle caviglie. Spesso una lunga sciarpa di seta veniva gettata con studiata noncuranza sulle spalle. Queste femmes fatales avevano modo di sfoggiare la loro eleganza nelle serate danzanti, appuntamenti mondani che sono diventati il simbolo stesso della Belle époque.

 

Liberarsi del superfluo

La concezione moderna della moda era attenta non solo al gusto, sfarzoso e stravagante, ma anche alla funzionalità degli abiti.

I sostenitori della nuova tendenza erano uomini e donne immersi nella società industriale, fondata sul ruolo preponderante delle macchine. La macchina non era per loro il nemico del genio creativo, ma la necessaria compagna, la fedele collaboratrice. La nuova moda non stravolgeva più, sacrificandolo in strette e complicate «armature», il corpo della donna, ma lo liberava.

I nuovi stilisti presero a modello per le loro creazioni il taglio «a kimono» e svilupparono la tendenza, mutuata dalla cultura tecnologica, a razionalizzare i capi d’abbigliamento.

L’imperativo sembrava essere quello di liberarsi del superfluo, per recuperare una cultura del bello che facesse proprie la comodità e la funzionalità dell’utile.

Coco Chanel
Coco Chanel

Coco Chanel

Indiscutibilmente unica Gabrielle Chanel, chiamata Coco, ha inventato la moda del XX secolo.

Era nata a Saumur, in Francia, il 19 agosto 1883. Ebbe un’infanzia umile e triste in un orfanotrofio. Non si sposò mai, né ebbe dei figli, ma ebbe molti uomini, tutti ben posizionati nell’alta società.

La sua carriera iniziò nel 1909, quando aprì il suo primo negozio a Parigi; di lì a poco divenne per tutti «Mademoiselle», la signorina della moda, il fenomeno che fu parte indiscussa della liberazione della donna.

Le caratteristiche dei suoi disegni sono la semplicità e l’eleganza. Lo stile Chanel ha dominato negli anni Venti, rivoluzionando il vestiario poco pratico della Belle époque con una moda larga e comoda, elegante e all’insegna del bon ton.

Nel 1916 Chanel estese il jersey, un materiale a maglia molto flessibile, dall’uso esclusivo per sottoabiti a una grande varietà di tipi di vestiario. Il suo gusto raffinato puntava sui colori grigio, beige e blu scuro. L’innovazione del jersey ebbe grande successo: Chanel iniziò ad elaborare le sue fantasie. La perfezione del taglio prendeva spunto dal vestiario maschile, più stabile nel gusto e più tradizionale: per questa ragione i suoi abiti non diventavano fuori moda con il cambiare di ogni stagione. L’attenzione data ai particolari (cinture di pelle, bottoni ingioiellati), l’uso della bigiotteria con combinazioni rivoluzionarie di pietre vere e false, agglomerati di cristalli e perle furono indicativi dello stile Chanel.

All’età di 71 anni, Coco reinventò il tailleur che era composto da vari pezzi: una giacca di stile cardigan, con la tipica catenella cucita all’interno; una gonna semplice, comoda e decisamente più corta; una camicetta in seta il cui tessuto era coordinato con la fodera del tailleur.

Il suo stile divenne una sorta di divisa per le donne giovani e snelle, ma le signore di mezza età si accorsero che era giunta la loro «Waterloo»!

Molte donne eleganti rimasero coscientemente fuori moda per il resto della loro vita. «Nella moda – disse Coco in un’intervista – capisci di avere successo quando c’è un elemento che turba, sconvolge». Fu la praticità il criterio vincente nella creazione della moda per tutto il resto del secolo.

Coco Chanel
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