La costruzione del mito di Napoleone
Un politico francese contemporaneo si misura con la «mitologia» napoleonica: quella positiva in parte creata dall’imperatore stesso e quella negativa che però ebbe meno successo.
Sotto le due Restaurazioni [cioè il ritorno alla monarchia borbonica nel 1814 e l‘insediamento al trono di Luigi XVIII nel 1815 dopo la definitiva sconfitta di Napoleone] ha cominciato a diffondersi la «leggenda napoleonica» ed è nato il «bonapartismo ». Non senza contraddizioni: il bonapartismo politico, organizzato in un movimento guidato da leader noti, tra parlamentari e sostenitori, comincia il suo declino dal 1815 al 1848. Per contro il mito di Napoleone inizia a prosperare nelle classi popolari. La delusione derivata dalla restaurazione delle monarchie e l’idealizzazione di un glorioso passato non bastano a spiegare questo fenomeno.
Oltre all’importante segno lasciato sulla Francia dal passaggio di Napoleone Bonaparte, occorre un elemento scatenante che è la pubblicazione nel 1823, due anni dopo la morte di Napoleone, del Memoriale di Sant’Elena. In questa opera, la trascrizione dei racconti che Napoleone stesso gli aveva fatto durante l’esilio, Las Cases1 consegna al pubblico un’impressionante apologia del Primo console e Imperatore. C’è in quest’opera una doppia mistificazione.
La prima riguarda l’autore che, vecchio emigrato dell’armata dei Principi, sembra essersi riavvicinato all’Impero solo per opportunismo. Nominato dal Consiglio di Stato, aveva chiesto di accompagnare l’imperatore a Sant’Elena, avendo senza dubbio già il suo progetto in testa. La seconda mistificazione è il racconto di Napoleone stesso. Da sempre maestro nella propaganda, sapendo che Las Cases scriveva per la posterità, costruisce il personaggio storico, glorioso, carico di sicura autorità, ma anche pieno di amore per la nazione e deciso a rendere felice il popolo.
Si dipinge, di fronte ai sovrani reazionari, condannati alla sconfitta, animato di grandi ideali ereditati dallo spirito dell’Illuminismo e della rivoluzione in ciò che questi ebbero di migliore. Il suo progetto non era stato di dominare l’Europa. Aveva invece voluto unificarla, in vista del progresso. Tutti gli elementi della leggenda sono lì riuniti. Il leader determinato del 18 brumaio […] l’individuo eroico che prende la decisione a porto d’Arcole […], anche il coraggio dei suoi soldati è merito suo, come quello dei pontieri2 del generale Eblé al passaggio della Berezina (quando Napoleone stesso qualche giorno prima aveva ordinato la distruzione del materiale dei ponti). In questa leggenda la morte – che nelle guerre napoleoniche fece degli stermini di massa – è ricordata solo in modo eroico.
L’impegno costante del «Piccolo Caporale» verso i suoi soldati è evidente quando li ha abbandonati per tre volte nel bel mezzo delle prove: il dramma, e poi la tragedia, in Egitto, in Spagna e in Russia, e nel fatto che la loro condizione non era affatto la sua prima preoccupazione. È invece ingigantita l’immagine del vecchio generale «repubblicano» che ha schiacciato [l’insurrezione di] vendemmiaio,3 il generale vittorioso della campagna d’Italia, l’uomo integro, il legislatore saggio, l’amministratore efficiente, l’amico degli intellettuali, il conquistatore glorioso, il «liberatore» dei popoli (mascherando così una realtà contraddittoria, davvero diversa). Il Memoriale di Sant’Elena otterrà un immenso successo. Ma non c’è leggenda se non c’è anche una propaganda efficace: sicuramente Béranger, il musicista che canta la gloria dell’Imperatore, reso popolare dalla prova della prigione. I colporteurs4, che attraverso la Francia vendono le stampe colorate (prodotte a Parigi) dei generali dell’Impero. […] Parallelamente alla «leggenda dorata» si svilupperà anche una «leggenda nera» alimentata in Francia dai realisti e da alcuni repubblicani. Risulterà molto fruttuosa nei Paesi stranieri. Napoleone è «il tiranno», «l’orco» le cui guerre divorano i soldati. Ma in Francia la leggenda più splendida supererà ampiamente i racconti più oscuri. Questa leggenda ha i suoi eroi (marescialli o figure anonime) e i suoi traditori (Bernadotte5, Fouché, Talleyrand, dei quali non bisogna dimenticare di dire che hanno portato Bonaparte al potere e che lo hanno servito).
Quanto all’imperatore, suscita al tempo stesso ammirazione e compassione.
[…] Luigi Filippo6 ha la sua parte in questa grande messa in scena. Ritiene utile essere tollerante verso Napoleone quando invece Carlo X è stato repressivo.
[…] Nel 1840 è favorevole al rimpatrio delle ceneri di Napoleone, le cui spoglie percorrono gli Champs Elysées e sono accolte da lui stesso a Les Invalides.
C’è in questo avvenimento una forma di consacrazione del mito e come un simbolo della confusione di legittimità in una Francia incerta nelle sue scelte. La Monarchia serve, senza volerlo, i disegni dei partigiani dell’Impero. Questi, un decennio più tardi, cancelleranno la Repubblica appena ritrovata. Sarà l’ora del Secondo Impero.
1- Il conte di Las Cases (1766-1842) era un funzionario e storico francese, prima emigrato e poi rientrato in Francia per concessione di Napoleone console; seguì per sua scelta l’imperatore in esilio e scrisse il Memoriale di Sant’Elena, cioè il racconto della vita di Napoleone.
2- Militari che hanno il compito di costruire i ponti.
3- Qui indica l’insurrezione realista scoppiata il 13 vendemmiaio dell’anno IV (5 ottobre 1795) e il tentativo di colpo di Stato a Parigi schiacciato da Bonaparte. In questa occasione Napoleone ha iniziato la sua carriera militare.
4- I venditori ambulanti.
5- Jean-Baptiste Jules Bernadotte (1763-1844), generale francese e poi maresciallo del Primo Impero francese, di origine borghese e di orientamento giacobino durante la rivoluzione. Partecipò alle guerre napoleoniche ma poi entrò in contrasto con Napoleone che infatti lo destituì. Joseph Fauché (1759-1820) fu ministro di polizia durante il consolato, ma si staccò da Napoleone durante l'impero. Charles Maurice de Talleyrand (1754-1838) fu principe, vescovo e politico: abbracciò tutti i regimi che si succedettero in Francia dall'Antico regime a Luigi Filippo.
6- Luigi Filippo d’Orléans otterrà la corona di Francia nel 1830 fino al 1848, dopo una breve rivoluzione, inaugurando una nuova monarchia costituzionale.