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«Leggende» napoleoniche - Napoleone fu avvelenato? Un temperamento eccezionale Il funerale di Napoleone La costruzione del mito di Napoleone

Un temperamento eccezionale


Dormiva quando e dove glielo permettevano le circostanze, non conosceva la stanchezza. Alla stessa fatica sottoponeva i suoi uomini e persino i suoi cavalli.

Un còrso nella storia

Secondo lo storico Furet, la rivoluzione in Francia non ha amato la vecchiaia, e questa regola vale anche per Napoleone. Nato al momento giusto – nel 1789 ha vent’anni – nella Corsica da poco francese, è il secondogenito di una famiglia numerosa (cinque maschi e tre femmine) della nobiltà provinciale di Ajaccio, unita come una tribù sotto l’autorità dei genitori, Carlo Bonaparte e Letizia Ramolino.

Studia alla scuola militare di Brienne (ama soprattutto la matematica e la storia); nel 1785 è promosso, 42° su 58 candidati, sottotenente d’artiglieria.

Ombroso, solitario, non lascia la sua Corsica fino al 1793, quando si troverà per la prima volta in Francia. Napoleone giovane ufficiale, giacobino, ama la società che incontra, che si accorda col suo forte temperamento: l’autorità del potere è senza limiti, la carriera è aperta a uomini di talento, la professione militare è onorata se vittoriosa e non è necessario essere nobili. Lui il còrso, l’italiano, lo straniero, fu eletto dai rivoluzionari per incarnare la nazione.

 

Giuseppina, un passaporto per la società

Napoleone approda in una Francia in cui il denaro è ormai l’unico valore. È un personaggio singolare: emaciato, taciturno, col volto «divorato» dagli occhi e incorniciato da una chioma che gli ricade stranamente sulle spalle.

Il suo matrimonio con Giuseppina de Beauharnais è esemplificativo del suo modo di porsi di fronte a questa società. Giuseppina non è, come lui credeva, una ricca ereditiera dell’aristocrazia, ma emana il fascino del potere che Napoleone vuole conquistare. E quando il matrimonio andrà in crisi, per i tradimenti di lei, lui lo scioglierà senza indugi. Ormai il potere è nelle sue mani.

Se come marito Napoleone non fu esemplare, una volta ottenuto il potere, volle che tutti i parenti partecipassero alla sua fortuna. Distribuì loro regni, onorificenze e ricchezze, ma pretese di organizzare la loro vita, con quel dispotismo che gli era innato.

 

Una resistenza non comune

La Francia scopre in Napoleone stile e abitudini semplici: mangia in fretta, indossa sempre gli stessi vestiti, non perde tempo in cerimonie di corte, lavora e decide.

Nessuno esegue i suoi ordini con sufficiente rapidità, nessuno obbedisce in modo soddisfacente.

Durante le sue fulminee campagne militari, può stare in piedi quattro o cinque giorni, concedendosi solo poche ore di sonno. Dorme quando e dove glielo permettono le circostanze senza mai risentirne.

Sfinisce gli uomini e ammazza i cavalli di fatica senza dare segni di stanchezza. Non vuole dedicare ai pasti più di dieci minuti del suo tempo. Se aveva dei limiti fisici, questi riguardavano essenzialmente la vista. Era miope. Una miopia dovuta forse alle lunghe ore di lettura a lume di candela che era solito trascorrere nella cameretta del collegio prima e della scuola militare poi.

 

Un carattere spigoloso

Sprezzante dei formalismi e delle buone maniere, si annoiava ai ricevimenti e alle feste. Esprimeva senza ritegno ciò che pensava. Nei colloqui privati andava diritto al centro del problema, senza usare perifrasi o eufemismi. Diceva le sue verità davanti a qualsiasi persona, senza riguardi e senza rispetto per la dignità altrui. E spesso erano verità brutali. La famosa scrittrice Madame de Staël, che ebbe rapporti burrascosi con Napoleone, per il quale nutrì una profonda – e ricambiata – antipatia, scrisse di lui: «Non è né buono né violento, né dolce né crudele. Non è capace di odio né di amore; per lui non esiste altro che se stesso».

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