Sommario
Storia di copertina
Feriti nell'anima, gli scemi di guerra - Introduzione Nevrosi e guerra industrializzata Le manifestazioni della follia Le terapie punitive La mia esperienza della follia e della cura

Le manifestazioni della follia


L'autore
Antonio Gibelli

Antonio Gibelli (1942) ha insegnato Storia contemporanea all’Università di Genova. Si è occupato di storia politica e sociale del nostro Paese. Fra gli scritti: La Grande Guerra degli Italiani 1915-1918 (1988).

Il libro di Antonio Gibelli L’officina della guerra porta il significativo sottotitolo La Grande Guerra e le trasformazioni del mondo mentale. In esso il conflitto è analizzato come distruzione di un vecchio ordine preindustriale e l’irruzione di un mondo completamente nuovo: ad essere coinvolti furono in primo luogo i soldati, molti dei quali caddero preda della follia. Gibelli riporta alcuni referti medici in cui vengono descritti i sintomi della follia.

Talora questi malati sono dei confusi, attoniti, smarriti: più spesso solo ottusi, torpidi, inerti, con rallentamento delle funzioni mentali, depressi: somaticamente denutriti, pallidi, con sguardo spento, con espressione stanca, stordita, preoccupata, triste. Spesso hanno lingua impaniata, inappetenza, stitichezza: grave spossatezza generale […] [presentano] persistenza di immagini belliche a carattere ossessivo, ravvivanti stati emotivi penosi: hanno sonni agitati, con sogni paurosi, a contenuto bellico».I soldati sembrano tentare di porsi al di là di ogni possibile contatto, trincerandosi (la metafora è d’obbligo) di fronte all’aggressione delle presenza esterne, fuggire, nascondersi:

«Sono malati confusi, inaccessibili, inconsapevoli; talvolta senza onirismo, senza depressione, ma in uno stato permanente di terrore, di tensione nervosa emotiva, e pura con grave deficit di coscienza. Hanno vivaci estese reazioni di difesa per stimoli di nessuna entità, trasaliscono, sbarrano gli occhi, tremano, impallidiscono, assumono atteggiamenti di difesa, fuggono, si nascondono sotto le lenzuola; occorre tenerli isolati, per la agitazione reattiva che si desta in essi ad ogni rumore. Tutti appaiono in preda a un terrore costante, implacabile, che ravviva a ogni minima occasione e si imprime in tutto il corpo.

 

In queste due foto, alcune immagini di soldati traumatizzati.

Nelle forme più comuni, il soggetto è in uno stato di stupore immediato o secondario alla perdita di coscienza, non può parlare né agire, ed è incapace di tenersi bene in piedi. Il corpo è agitato da scosse convulsive. Talora il paziente assume l’espressione mimica del terrore, nella forma più tipica: gli occhi dilatati, con lo sguardo spaventato, sembrano fissare una scena nello spazio; le gambe un po’ flesse tremano e mal reggono il corpo; gli arti superiori, diretti in avanti con gli indici delle due mani distese, sembrano indicare un oggetto sul quale l’attenzione si fissa intensamente e penosamente; gli arti stessi, più che la altre parti del corpo, sono in preda ad un tremore, ad oscillazioni frequenti e di media ampiezza. Essi hanno generalmente in comune una prolungata esperienza di trincea, hanno subìto incessanti bombardamenti, sono stati travolti da esplosioni e sepolti sotto le macerie, hanno visto cadere numerosi compagni accanto a sé. È su questi dati elementari che comincia a fissarsi l’attenzione: questi malati sono stati generalmente sottoposti a lunghi bombardamenti, hanno combattuto per più giorni o più settimane, sono stati lungamente nella immobilità e nel disagio delle trincee sotto il fuoco; talvolta con nutrimento scarso o inadatto, spesso senza possibilità di riposo, esposti a intemperie e a pericoli incessanti».

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