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Vita quotidiana
Riccioli al vapore e vita grama - Introduzione Nasce il rapporto tra madre e figlio così come lo conosciamo oggi Che cosa mangiavano i poveri? Così la Francia perse la battaglia della moda con l’Inghilterra Mulhouse come Londra, l’estrema povertà della classe operaia

Nasce il rapporto tra madre e figlio così come lo conosciamo oggi


Immagine commentata - La famiglia ai tempi di Napoleone

La mamma è mamma di un cittadino

«Merita ogni venerazione e rispetto la donna che si trova in questo stato... per cui ogni buona polizia deve cercare di proteggerne la dignità...», così recita un testo di polizia medica della metà del Settecento, esortando i responsabili dell’igiene e dell’ordine pubblico alla cura e alla protezione delle donne in stato di gravidanza. Un ammonimento oggi per noi totalmente scontato da essere quasi superfluo, ma che lasciava stupiti gli uomini del tempo. Si trattava infatti di una delle prime prese di posizione pubbliche in cui ci si preoccupava esplicitamente della salvaguardia e della tutela delle donne in gravidanza. Il rapporto di polizia metteva in luce come la donna in stato interessante portasse nel suo ventre dei «cittadini» in erba, fulcro dell’umanità a venire: le mamme acquisivano improvvisamente un rilievo e un’importanza mai avuti prima.

 

Niente mamme, ma balie e precettori

Nei confronti della maternità vi è un preconcetto difficile da sradicare: che il rapporto madre-figlio come oggi lo concepiamo – con la figura materna al centro nell’esistenza della prole – sia stato pressappoco lo stesso in tante epoche e culture occidentali. Al contrario, nella mentalità dell’uomo medievale e di quello rinascimentale non c’era affatto un posto di rilievo per le mamme. Dopo il parto era diffusa la consuetudine di mandare a balia l’infante. E la madre non aveva alcuna voce in capitolo: nella Firenze del Cinquecento erano addirittura i padri a scegliere la persona più adatta al delicato compito.

Appena finito il cosiddetto «baliatico» (28-30 mesi, quanto durava l’allattamento), la genitrice non era considerata adatta all’educazione dei figli. «Sì tosto che più non ciucciano il latte, toglili dal fianco di tutte le donne et precipuamente da quello dell’istessa madre, né lasciagli più a quelle vedere fin che non siano usciti de tutta la vezzosa età», consigliava un anonimo del Cinquecento. Come mai? Ne riassume le ragioni il filosofo Montaigne, osservando che la donna opera nei confronti dei pargoli «scelte sempre ingiuste e cervellotiche».

Circondati da uno stuolo di precettori, tate e servitori, i piccini di sangue blu crescono affidati alle cure di una molteplicità di inservienti; i ragazzetti meno abbienti, invece, spesso abbandonano la casa natale e vengono rilevati dai cosiddetti «genitori affidatari» per far da garzoni, apprendisti, aiutanti. Oppure,ancora in fasce, sono deposti sul sagrato di qualche chiesa o convento, oppure vivono quasi da soli, abbandonati tutto il giorno, nelle campagne.

Ancora nel 1811 è così alto il numero di bambini che nelle zone montuose della Calabria finiscono nei precipizi o nei dirupi che le autorità raccomandavano alle «madri – chiamate ai lavori domestici o campestri – che mantenessero legati i loro figlioli a un palo ficcato innanzi alle porte delle proprie case in modo da non far correre loro ulteriori pericoli». Insomma, per secoli nella cultura occidentale non è la madre l’essere delegato per eccellenza all’educazione e alla cura dei bambini.

Un’eccezione è rappresentata dagli Ebrei. Mamme quasi bambine, le ragazze giudee andavano spose verso i sedici-diciotto anni. Sconosciute le balie, inesistenti nelle comunità torinesi, fiorentine e veneziane i trovatelli, che erano invece molto diffusi nel mondo cattolico. I figli vengono considerati un affare esclusivamente di famiglia.

Carl Herpfer, Madre e bambino, 1869. Collezione privata.

Aumenta la centralità del bambino

Un cambiamento nel rapporto madre-figlio si verifica tra Settecento e Ottocento con l’Illuminismo e la Rivoluzione francese. Mentre diminuiscono le nascite, il bambino diventa sempre più il principe della casa, cresce di prestigio la figura della madre. Rousseau, nell’Émile, esalta il legame affettivo che nasce dalla vicinanza fisica. Intanto, si diffonde tra le donne la coscienza dei propri diritti, tra cui quello alla maternità e all’assistenza dei figli.

Di conseguenza i magistrati cominciano a prendere in considerazione, in caso di separazione, l’affidamento dei figli alle madri, consuetudine che si diffonde per tutto l’Ottocento.

Nell’Italia unita la donna viene incoronata regina del focolare. È l’esaltazione della mamma nutrice e devota, capace soprattutto di abnegazione e rinuncia, il cui modello è destinato a durare.

E oggi che immagine ne abbiamo? L’essere buona madre comporta senza dubbio la conoscenza dei propri diritti; il che implica la capacità di organizzare il proprio tempo e quello famigliare in relazione alla vita sociale. In sintesi, l’essere cittadina-madre.

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