Sommario
Musica e storia
Canta che ti passa la paura - Introduzione Repertorio L’autore «ufficiale» Repertorio «tollerato» Repertorio «proibito» Due testi esemplari

Repertorio «tollerato»


Era una notte che pioveva / e che tirava un forte vento, / immaginatevi che grande tormento / per un alpino che sta a vegliar.» «Se avete fame, guardate lontano, / se avete sete, la tazza alla mano, / che ci rinfresca la neve ci sarà.» «Mi doveva per Pasqua sposarmi, / ma il destino non volle così: / non avendo compiuto i vent’anni / che sul Piave, innocente, morì.» Canti di questo genere non servivano a rafforzare la voglia di battersi e vincere ma a dare forma al disagio, al lamento, al rimpianto tollerabile agli occhi (e alle orecchie) bene attenti dei comandi militari più o meno alti. Certo, il rischio che si andasse oltre la protesta generica, magari aggiungendo qualche strofa «clandestina», era sempre presente; ma si poteva – in compenso – intervenire anche in direzione opposta, trasformando in strumento di propaganda canti nati con ben altre intenzioni. Si pensi alla celebre canzone dal titolo Monte Nero, scritta probabilmente in occasione della conquista della vetta omonima (III Reggimento Alpini) il 15 e 16 giugno 1915, in cui a versi come «Per venirti a conquistare / abbiam perduto tanti compagni, / tutti giovani sui vent’anni: / la loro vita non torna più», fanno seguito parole il cui registro linguistico denuncia con una certa evidenza l’origine spuria: «Ma l’Alpino non è vile / tal da darsi prigioniero: / preferisce di morire / che di darsi allo straniero. / […] O Italia, vai gloriosa / di quest’arma valorosa / che combatte senza posa / per la gloria e la libertà». Di questo repertorio «tollerato» fanno parte anche due titoli famosi, entrati poi fra i cosiddetti «canti di montagna»: si tratta di adattamenti da vecchi folksongs di minatori, impegnati nella costruzione della galleria ferroviaria del Gottardo (1872- 1880): La tradotta che parte da Torino e Ta-pum . L’onomatopeica «Ta-pum», che nella versione dei minatori rappresentava lo scoppio delle mine seguito dall’eco nella valle, viene qui riferito ai colpi di fucile dei cecchini.

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