A bello libera nos, Domine
Nell’Europa preindustriale, le cause di mortalità catastrofica che determinavano la decimazione della popolazione erano tre: la guerra, la fame e la peste. Non a caso s’invocava il Signore affinché liberasse l’umanità da questi flagelli: «A bello, fame et peste libera nos, Domine».
Fra le vittime causate dalla guerra, il numero dei caduti in battaglia era assolutamente la minoranza: la maggior parte dei militari, spesso assoldati a forza, moriva di stenti e malattia (il tifo innanzitutto) e i civili, da parte loro, pagavano un pesantissimo tributo durante le marce di trasferimento degli eserciti. Devastante era, più che il momento della battaglia, tutto il contorno.
Non a caso Bruegel il Vecchio rappresenta il Trionfo della morte come un caotico campo di battaglia: l’orrore della guerra diventa l’immagine ideale della morte, intesa come una sorte di apocalisse.
- Il trionfo della morte che vedi fu dipinto da Pieter Brueghel il Vecchio (1526-63 circa) verso il 1562. Brueghel sintetizza varie tradizioni iconografiche: quella specifica del trionfo della morte, con quella della danza macabra e del Cavaliere dell’Apocalisse. Classica, per esempio, è la rappresentazione della morte come uno scheletro a cavallo armato di falce. In molte di queste rappresentazioni è evidente l’influenza del maestro olandese Hieronymus Bosch.
- Un tema particolarmente sviluppato nel dipinto è quello della «vanità delle cose del mondo» (anche questo in comune con Bosch). In basso a sinistra, per esempio, si vede l’immagine di un imperatore a cui uno scheletro mostra una clessidra, come a ricordargli che tutto passa, anche il suo potere; alla destra dell’imperatore, invece, si vede uno scheletro che s’impossessa di barili pieni di monete, monito dell'inutilità della ricchezza di fronte alla morte.