I flagellanti
Bartolomeo Pellerano, detto anche da Camogli, è l’autore di questa Madonna dell’Umiltà (1346-47), destinata alla cappella dei Genovesi di Palermo. Nel dipinto sotto la predella sono raffigurati i flagellanti. Il movimento religioso dei flagellanti ebbe una vasta eco tra il 1346 e il 1349, proprio durante il periodo della peste. Il movimento, forte di ben 50.000 persone, si diffuse in Italia, Ungheria, Svizzera e nel 1349 in Olanda, Boemia, Polonia e Danimarca. Le compagnie dei flagellanti rappresentavano una massa poco controllabile e, in alcune occasioni, svilupparono dottrine eterodosse, come il dubitare del valore dei sacramenti ufficiali a causa della corruzione della Chiesa, o il confessarsi e il battezzarsi tra loro; inoltre diedero sfogo ad atteggiamenti intolleranti nei confronti degli ebrei con vere e proprie persecuzioni: si calcola, per esempio, che nella sola Strasburgo furono trucidati circa 8000 ebrei. Il papa, che inizialmente tollerò le processioni, nel 1349 condannò invece il movimento per le ambiguità eretiche che esprimeva.
- I flagellanti sfilavano, in compagnie, vestiti con un saio e un cappuccio (nero o bianco), con una croce rossa sul petto e sulla schiena e si frustavano mentre cantavano laudi, componimenti popolari sulla passione di Cristo, di cui Jacopone da Todi fu un valente compositore.
- I seguaci del movimento dovevano rimanerci per trentatré giorni e mezzo (per ricordare gli anni di Cristo), periodo ritenuto necessario per potersi salvare l’anima.
- Le donne potevano solo assistere alla processione strappandosi i capelli o urlando.
- Nel dipinto sono raffigurati anche gli strumenti della flagellazione: ad esempio il bastone con delle corde con grossi nodi o con delle spine di metallo che il flagellante si batteva sulla schiena fino al sanguinamento.