Sommario
Storia di copertina
Un incubo al potere il secolo dei dittatori - Introduzione Stalin: l'uomo d'acciaio La moglie e i figli di Stalin Mussolini, pubblico e privato Claretta, l'unico vero grande amore? Hitler un criminale al potere

La moglie e i figli di Stalin


L'autore
Martin Louis Amis

Martin Louis Amis (Inghilterra 1949) romanziere inglese, è fra le più rappresentative figure del postmodernismo letterario. Si è dedicato anche alla stesura di saggi, fra cui Koba il terribile. Una risata e venti milioni di morti (tr. it. 2006) e Il secondo aereo (tr. it. 2009), dedicato agli attentati dell’11 settembre 2001.

In un’intervista nel 2010 aveva descritto così il padre: «Era un uomo semplice. Rozzo, molto crudele. Nulla in lui era moderato. Era molto semplice con noi. Mi voleva bene e voleva che diventassi una marxista ben educata».

Stalin restò vedovo due volte. [La prima moglie] Kato morì di tifo nel 1907. […] Dopo la cerimonia [del funerale] Stalin confidò a un vecchio amico: «Quella creatura ha addolcito il mio cuore di pietra. È morta e con lei sono morti i miei ultimi sentimenti affettuosi verso tutti gli esseri umani ». Kato lasciò un figlio di sei mesi, Jakov. […]

[La seconda moglie] Nadežda si uccise sparandosi alla testa dopo una festa al Cremlino per celebrare il quindicesimo anniversario della rivoluzione. […] Mentre la contemplava nella bara, Stalin fu visto prodursi in un gesto sdegnato, e udito borbottare: «Mi ha lasciato da nemica». […]

Tra i figli di Stalin, Svetlana fu la Cordelia, nel senso che tra il tiranno e la figlia fluì, o filtrò, l’amore. […] I loro rapporti si ruppero nel 1943. Le attività della figlia, come quelle dei due maschi, erano tenute sotto controllo dagli organi, e le intercettazioni telefoniche rivelarono che Svetlana aveva una storia d’amore con uno sceneggiatore ebreo di nome Aleksej Kapler. Stalin lo spedì immediatamente a Vorkuta (cinque anni di spionaggio). «Ma io lo amo!» protestò Svetlana. […] Seguì un lungo allontanamento, punteggiato da occasionali disgeli. […]

Stalin e la figlia Svetlana.

Jakov (1907-43), il fratellastro, soffrì in modo più drammatico e commovente. Stalin lo odiava […] per la profonda vergogna che provava per le proprie origini. Stalin odiava Jakov perché Jakov era georgiano perché sua madre era georgiana; Jakov era georgiano perché Stalin era georgiano; eppure Stalin odiava Jakov. […] Cresciuto dai nonni materni, Jakov si unì alla famiglia di Stalin a metà degli anni Venti. Parlava male il russo, e aveva un forte accento (come Stalin). A quanto pare Nadežda lo accettò e lo prese in simpatia. Ma la persecuzione da parte di Stalin fu così sistematica che verso la fine del decennio Jakov tentò il suicidio. Ma riuscì solo a ferirsi, e quando Stalin lo venne a sapere, commentò: «Ah! Non è nemmeno capace di prendere la mira».

[…] Come soldato combatté con energia fino a che la sua unità venne presa prigioniera [dai Tedeschi]. Stalin si ritrovò in una situazione imbarazzante. Una legge dell’agosto 1941 aveva decretato che tutti gli ufficiali catturati erano «perfidi traditori» le cui famiglie dovevano essere «sottoposte a processo». Ora Jakov rientrava nella prima categoria, e Stalin nella seconda. Come compromesso Stalin arrestò la moglie di Jakov. Quando i nazisti cercarono di negoziare uno scambio, Stalin rifiutò («Non ho nessun figlio di nome Jakov»).

Paventava tuttavia che il presumibilmente debole Jakov potesse essere spinto a un’esibizione propagandistica della slealtà. Ma Stalin non ebbe nulla da temere. Jakov passò attraverso tre campi di concentramento […] e resistette a tutte le intimidazioni. Fu proprio per non cedere alle minacce […] che Jakov prese la sua decisione finale. In un campo tedesco, come in uno russo, il modo più sicuro per suicidarsi era una corsa verso il filo spinato. La guardia non sbagliò mira.

Jakov, il figlio di Stalin catturato dai Tedeschi.

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