Sommario
Storia di copertina
Fenestrelle: lager dei Savoia? - Introduzione Così è scoppiata la polemica su Fenestrelle È tutto vero: Fenestrelle era un lager dei Savoia Una bufala storica il lager piemontese di Fenestrelle Il Regno delle Due Sicilie: lo Stato più esteso e progredito d’Italia Senza l’unità il Sud sarebbe ancora più arretrato

Senza l’unità il Sud sarebbe ancora più arretrato


L'autore

Emilio Gentile (1946), docente di Storia contemporanea presso l’Università La Sapienza di Roma. Allievo di Renzo De Felice, è considerato fra i massimi esperti del fascismo, in particolare degli aspetti ideologici e propagandistici. Fra gli scritti Storia del Partito fascista. 1919-1922: Movimento e milizia (1989), Le religioni della politica. Fra democrazie e totalitarismi (2001), E fu subito regime. Il fascismo e la marcia su Roma (2012).

Il dilagare della nostalgia per il Regno delle Due Sicilie viene ritenuto frutto di un’analisi superficiale e volutamente incompleta dallo storico Emilio Gentile.

Esiste una sterminata letteratura, da Pasquale Villari a Francesco Saverio Nitti, sulle condizioni terribili in cui versava dopo l’unità la popolazione meridionale, anche in conseguenza della politica condotta dallo Stato unitario: tutte argomentazioni incontestabili. Dalle loro opere i neoborbonici estrapolano citazioni e dati funzionali alle loro tesi, ma omettono di aggiungere che nessuno dei meridionalisti citati, e meno di tutti Giustino Fortunato, aveva nostalgia dell’Italia preunitaria, voleva la restaurazione del Regno borbonico e auspicava per questo il disfacimento dello Stato nazionale. Senza l’unità, ripeteva don Giustino, la società meridionale sarebbe stata ancora più gravemente arretrata. Senza l’unificazione, era la salda convinzione di Fortunato e Nitti, l’Italia non avrebbe mai potuto compiere il salto da Paese tra i più arretrati nel Mediterraneo a moderno Stato europeo. Un’esperienza unica, che non trova riscontri in tutto il bacino del Mediterraneo. Senza l’unificazione, ripeteva don Giustino, l’Italia avrebbe potuto avere un destino balcanico, invece di affrontare come affrontò dal Risorgimento in poi un difficilissimo processo di unificazione […]. Sarebbe facile, affermava Salvemini, rimproverare agli uomini che governarono l’Italia dopo l’unificazione «ogni sorta di errori e di misfatti [...]. Non tutti i problemi che il Paese doveva fronteggiare furono risolti, e non sempre le soluzioni adottate furono le migliori e i metodi impiegati i più efficienti […]. Ma se si accetta il metodo dello storico, che è quello di confrontare il punto di partenza, che per l’Italia è il 1871, col punto di arrivo, che è la prima guerra mondiale, e la povertà italiana di risorse con la ricchezza delle altre nazioni, non si può non concludere che nessun Paese europeo in tanto breve tempo aveva percorso così lungo cammino». Se si nega tutto questo, allora bisogna avere l’onestà intellettuale di riconoscere che si sarebbe preferito vivere in un’Italia assoggettata a una molteplicità di Stati, nessuno dei quali poneva la libertà, l’eguaglianza e la dignità dell’individuo come meta della propria esistenza, volendo governare non su cittadini con eguali diritti ed eguali doveri, ma dominare sui sudditi di un potere dispotico e arbitrario.

E. Gentile, Italiani senza padri. Intervista sul Risorgimento, a cura di Simonetta Fiori, Laterza

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