Sommario
Storia di copertina
Fenestrelle: lager dei Savoia? - Introduzione Così è scoppiata la polemica su Fenestrelle È tutto vero: Fenestrelle era un lager dei Savoia Una bufala storica il lager piemontese di Fenestrelle Il Regno delle Due Sicilie: lo Stato più esteso e progredito d’Italia Senza l’unità il Sud sarebbe ancora più arretrato

Una bufala storica il lager piemontese di Fenestrelle


In questa recensione del libro I prigionieri dei Savoia. La vera storia della congiura di Fenestrelle, Angelo Martino sintetizza le ragioni che hanno portato Alessandro Barbero a concludere che la tesi dei lager dei Savoia sia in realtà una clamorosa bufala.

Una ricerca storica accurata Alessandro Barbero, in un volume dal titolo completo I prigionieri dei Savoia. La vera storia della congiura di Fenestrelle, edito da Laterza, di 316 pagine.

Una delle più clamorose falsità che giornalisti cosiddetti revisionisti e qualche storico non attento alla ricerca storica rigorosa e documentata hanno propagandato con durezza di linguaggio è stata quella di un presunto campo di concentramento o lager, come si scrive e si dice, a Fenestrelle in Piemonte. In rete tale gigantesco falso storico è commentato con una durezza di linguaggio che Alessandro Barbero, nella premessa al suo testo I prigionieri dei Savoia, definisce «ignobile». Con una ricerca storica accurata Alessandro Barbero, in un volume dal titolo completo I prigionieri dei Savoia. La vera storia della congiura di Fenestrelle, edito da Laterza, di 316 pagine di documentazione rigorosa, di ricerca di archivi, con ben 42 pagine di note, ha dimostrato che è tutto falso.

Come scrive Alessandro Barbero, fra il 9 e il 10 di novembre del 1861 giunse a Fenestrelle una colonna di prigionieri borbonici catturati a Capua il 2 di novembre, in totale si trattava di 1186, ben lontani quindi dai 40.000 favoleggiati da tanti falsari storici. Barbero sostiene che la maggior parte di questi prigionieri ha soggiornato a Fenestrelle per non più di tre settimane, dato che vi era una circolare ministeriale del 20 novembre 1861 la quale non prevedeva affatto che i prigionieri borbonici fossero inviati ai depositi e ai reggimenti dell’esercito italiano per esservi arruolati. Infatti già il 28 di novembre 1861 partirono, dotati di viveri per il viaggio, i primi contingenti di prigionieri borbonici, e il primo di dicembre il contingente di prigionieri si era ridotto a 70 uomini, tutti ospedalizzati e per tanto al momento inabili a partire. Lo storico smentisce altresì le dicerie sulle condizioni della prigionia e quanto dello sterminio si è detto e scritto, dimostrando come i soldati giunti a Fenestrelle, effettivamente stremati dal viaggio, furono regolarmente curati e ospedalizzati, non solo a Fenestrelle, ma anche in altri ospedali per essere meglio curati come a Pinerolo, centro specializzato nelle malattie veneree. 

Una mostra nel forte di Fenestrelle.

L’autore visiona i registri militari che annotano i movimenti di ogni singolo soldato; pertanto è possibile stabilire quanti furono gli ospedalizzati, che raggiungessero il picco massimo di 143 il 17 di novembre, al fine di smentire le false affermazioni che non fossero curati, che fossero tenuti in condizioni brutali, quali quelle dei lager nazisti.

Affermazioni assurde e ripetute a iosa in posti pubblici, come è assurda la diceria secondo cui l’aspettativa di vita media a Fenestrelle non superava i tre mesi, dato che la prigionia non superava le tre settimane. Infine, per dimostrare l’infondatezza e un’inaccettabile macchinazione che in questi anni è stata creata ad arte per inventare il caso, Barbero menziona un sito internet con tanto di fotografia in bianco e nero di presunti prigionieri borbonici, che Barbero smaschera in un lavoro di analisi storica seria e dimostra che l’immagine ritrae in realtà un gruppo di deportati in un campo nazista.

Alessandro Barbero, con documentazione più che rigorosa, sostiene che siano stati solo 5 (CINQUE) i deceduti a Fenestrelle regolarmente annotati sui registri parrocchiali della chiesa di Fenestrelle. Questo dà l’idea di quanto sia colossale la montatura storica: 5 morti diventano migliaia e migliaia, quasi 1200 prigionieri diventano decine di migliaia di segregati, tre settimane di prigionia divengono anni e anni con prospettive di vita non superiore ai tre mesi.

A parte il fatto che di tutto ciò non esiste alcuna prova, l’idea che si volesse sterminare i soldati borbonici è assolutamente infondata, perché i Savoia e tutti i vari governanti risorgimentali avevano ben altre intenzioni. Essi volevano arruolarli quanto prima e pensavano di inquadrarli rapidamente nelle fila del neocostituito esercito italiano, perché la guerra con l’Austria sarebbe presto ripresa e avevano bisogno di uomini. In effetti si illudevano di poter arruolare almeno 50.000 ex soldati borbonici, convinti che, liberati dalla schiavitù dei Borbone, essi avrebbero aderito alla causa nazionale.

La stragrande maggioranza degli ex soldati borbonici venne in seguito arruolata nell’esercito italiano, non con l’entusiasmo che ci si attendeva, ma di sicuro senza il minimo spargimento di sangue, e al massimo vi furono casi di diserzione o di tentata diserzione nonché casi di insubordinazione puniti dai tribunali militari. Anche questi soldati furono inviati a Fenestrelle negli anni successivi, perché Fenestrelle era un luogo di punizione, come più tardi lo sarebbe stata Bolzano e poi la Sardegna e vi venivano mandati tutti i soldati problematici, compresi quelli sorpresi a commettere reati comuni e reati di camorra.

Tornando alla questione dei morti lo storico Barbero esplicita che non avrebbe una rilevanza storiografica se non vi fosse in atto uno «sbalorditivo sfruttamento mediatico in rete».

A p. 263 Alessandro Barbero scrive che, oltre ai cinque prigionieri di guerra Francesco Conte, Leonardo Valente, Salvatore Palatucci, Francesco Lucchese e Lorenzo Genovese, morti fra il novembre 1860 e il gennaio 1861, successivamente si possono annoverare altri dodici deceduti di cui due relativamente al 1861 e dieci nel 1862. Tali morti, a eccezione di Domenico Carafa di cui non è chiara la fonte, sono chiaramente annotati con la qualifica di «soldati corpo Cacciatori Franchi».

Nel capitolo IX dal titolo esemplare Miseria della storiografia, Alessandro Barbero confuta con puntualità e rigorosa precisione storico-scientifica le affermazioni di tutti coloro che hanno diffuso tale bufala storica del lager di Fenestrelle, di un falso genocidio, a partire da un articolo di Francesco Maurizio Di Giovine sulla rivista filoborbonica «L’Alfiere» a Fulvio Izzo, Roberto Martucci, Gigi Di Fiore, Lorenzo Del Boca fino a Pino Aprile .

A proposito di quest’ultimo, Alessandro Barbero scrive testualmente che tutte le «mistificazioni e menzogne negli anni riaffiorano tutte insieme in un libro (Terroni) che in futuro verrà letto con incredulità e sgomento come testimonianza dei livelli di frattura interna, di odio reciproco e di spudorata reinvenzione del passato».

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