Sommario
Storia di copertina
Pericle era un dittatore e Cesare un democratico? - Introduzione Atene, il vizio di origine della democrazia Pericle, il princeps romano La demokratia nasce con un atto di violenza? La nostra democrazia è figlia di Atene? Cesare, il dittatore democratico Cesare, il principe è povero

Cesare, il dittatore democratico


Secondo Luciano Canfora, Cesare si può definire “democratico” in quanto esponente del partito dei populares, cioè di coloro che erano dalla parte del popolo, contrapposti agli optimates, che rappresentavano le classi agiate. Lo studioso sostiene che Cesare tentò, attraverso la dittatura, di perseguire una politica innovativa volta a superare la contrapposizione populares-optimates.

In un angolo del secondo libro dei commentarii sulla guerra civile1, in mirabile stile dimesso-impersonale, Cesare dà notizia della propria designazione a dittatore. Di ritorno dalla Spagna (agosto-settembre 49) tocca Tarragona, poi Narbona, infine Marsiglia. «Qui apprende che è stata presentata una nuova legge sulla dittatura, e che proprio lui è stato designato dittatore per iniziativa del pretore Marco Lepido2». [...] Il dittatore doveva essere designato, secondo le norme vigenti, da un console: ma nel 49 entrambi i consoli sono fuggiti, con Pompeo, dall’Italia. Di qui la necessità di una nuova legge che consenta al magistrato più alto in grado dopo i consoli, cioè al pretore, di procedere alla designazione di un dictator.
[...] Un apporto decisivo era stato, da parte popolare, l’appoggio alla legge che autorizzava – eccezionalmente – il pretore a designare il dittatore. [...] È plausibile che si sia cercato, da parte di Lepido, un avallo popolare, o almeno una parvenza di ciò, per una decisione così grave e carica di sviluppi inquietanti (ed il cui esito sarà, alla fine, l’assunzione da parte di Cesare, della dittatura a vita).

[...] I primi suoi atti da dittatore, al rientro a Roma, furono chiaramente ispirati alle istanze tradizionali dei populares, ma attuati con accorta cautela e con il proposito di non spaventare i possidenti. Non furono cancellati i debiti, ma fu stabilita una misura per così dire “equidistante”: i debiti dovevano essere onorati, ma riferendosi al valore dei beni vigente prima della guerra; e a tal fine furono creati degli “arbitri” che garantissero e sorvegliassero il corretto andamento dell’operazione.
[...] Un altro provvedimento che Cesare segnala, col dovuto rilievo, all’inizio del secondo commentario è quello relativo al reintegro nella vita civile dei condannati «per brogli elettorali in forza della Lex Pompeia de ambitu3». Si sa bene come la corruzione elettorale fosse la pratica normale e pervasiva della lotta
elettorale della “libera repubblica”. [...]
Perciò i processi per “brogli” non erano che un prolungamento dello scontro di parte, non certo una pratica moralizzatrice. Tutti lo sapevano e i processi si svolgevano con alterne vicende in base ai rapporti di forze.
Di qui scaturisce il provvedimento cesariano, che viene da Cesare motivato in questa pagina con indomito spirito di parte; erano i processi promossi e pilotati dalla parte avversa che esigevano una drastica rettifica ed il reintegro politico di coloro che ne erano stati vittime.

Una ricostruzione al computer, ottenuta comparando le fonti iconografiche più antiche, di come avrebbe potuto essere il volto di Cesare.

E per completare il gruppo dei provvedimenti politico-simbolici volle anche cancellare una bruttura che costituiva ancora una eredità sillana: varò il pieno reintegro nella vita pubblica dei figli dei proscritti.
[...] Alla fine della Seconda Filippica4, Cicerone tratteggia questo profilo di Cesare: «Aveva ingegno, spirito critico, memoria, cultura, applicazione, previdenza, diligenza. Aveva compiuto imprese di guerra, quantunque calamitose per la repubblica, tuttavia grandi. Da anni e anni puntava al regno: alla fine, con uno sforzo immane e a costo di grandi rischi, realizzò il suo proposito. Con donativi, monumenti, distribuzioni di ricchezze e pasti pubblici aveva conquistato l’animo della massa, che era inesperta. Aveva legato a sé i suoi con i premi che concedeva loro; gli avversari assumendo la maschera della clemenza. Che dire di più?
Un po’ con il terrore, un po’ contando sulla rassegnazione, aveva introdotto in un popolo libero l’assuefazione all’asservimento.»

[...] Manca, in questo ritratto, un’accusa contro il morto, un’accusa che veniva rivolta agli anni giovanili di Cesare: quella di aver varato, o imposto, o anche solo tentato di imporre, il tradizionale programma “rivoluzionario” di assalto alla ricchezza: il programma, coltivando il quale Cesare aveva percorso la prima parte della sua carriera. Non è certamente un silenzio occultatore. È il riconoscimento della novità, del carattere inedito, fuori dagli schemi conosciuti, della dittatura cesariana.
Quella novità che aveva indotto Plutarco ad immaginare la scena della dolente “confessione” di Cesare in Senato al tempo del suo primo e turbolento consolato: «Gridò che lui controvoglia si faceva trascinare dalla parte del popolo e ne assecondava le spinte, per colpa della tracotanza e della durezza oppressiva del Senato»5. Uccidendolo non si avvidero di aver eliminato il più lucido e lungimirante esponente del loro ceto.

L’area l’area di Largo Argentina a Roma dove, scavando – secondo l’archeologo Andrea Carandini –, si troverebe il luogo in cui venne ucciso Giulio Cesare.

1 Ci si riferisce all’opera di Cesare intitolata De bello civili, composta da tre libri detti commentarii. Pubblicata nel 48 a.C., descrive gli avvenimenti della guerra civile degli anni 49-48 a.C.

2 Canfora specifica più avanti: «ovviamente su suggerimento di Cesare».

3 Legge emanata nel 52 a.C., su ispirazione di Pompeo Magno; riguardava il crimen ambitus, ovvero il delitto consistente nell’influenzare illecitamente gli elettori e procurare voti a un candidato in modo sleale.

4 Orazione composta nel 44 a.C., in risposta a una invettiva con cui Antonio aveva accusato Cicerone di aver pianificato l’uccisione di Cesare.

5 Plutarco scrisse, alla fine del I sec. d.C., le Vite parallele: una serie di biografie di uomini celebri, riunite in coppie (un greco e un romano) sulla base di virtù o vizi morali comuni. La vita di Cesare è abbinata a quella di Alessandro.

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