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Storia di copertina
Pericle era un dittatore e Cesare un democratico? - Introduzione Atene, il vizio di origine della democrazia Pericle, il princeps romano La demokratia nasce con un atto di violenza? La nostra democrazia è figlia di Atene? Cesare, il dittatore democratico Cesare, il principe è povero

Pericle, il princeps romano


L'autore

Luciano Canfora (1942), filologo classico e storico, è professore emerito dell’Università di Bari. Dirige i Quaderni di storia e collabora con il Corriere della Sera.

Tra le sue opere: Storia della letteratura greca (1986, nuova ed. 2013), Caio Giulio Cesare. Il dittatore democratico (1999), Prima lezione di storia greca (2000), Critica della retorica democratica (2002), La democrazia. Storia di un’ideologia (2004), La democrazia ateniese (2012), Il presente come storia. Perché il passato ci chiarisce le idee (2014), Tucidide: la menzogna, la colpa, l’esilio (2016).

Proseguiamo con Luciano Canfora l’esame dell’Atene del V secolo: fu la città governata dal popolo? Oppure fu una democrazia soltanto di nome, ma di fatto sottoposta al governo di un solo uomo, Pericle?

Atene nel IV secolo a.C

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Quando Agariste, la madre di Pericle, stava per partorirlo «ebbe una visione nel sonno, e le parve di dare alla luce un leone »; pochi giorni dopo nacque Pericle, racconta Erodoto .La menzione di questo animale, il leone, è ricca di significati: è l’animale di riferimento della tirannide.
[...] Pericle scomparve nel pieno del contagio pestilenziale in Atene, nel 429 a.C.

Era già molto avanti negli anni (era nato probabilmente poco dopo l’anno 500 a.C.). La sua vita occupa il V secolo, uno dei secoli decisivi della storia antica, quasi per intero: si apre sotto il segno di quel leone e si chiude in una scena di tragedia, quella della città che egli ha portato alla guerra e che lo vede uscire di scena quando la guerra è appena cominciata. [...]

Su di lui, appena scomparso, Tucidide formula questo giudizio che ha segnato lo sviluppo della storiografia: «Per tutto il tempo che fu a capo della città in periodo di pace, governò sempre con moderazione, garantì la sicurezza della città, la quale sotto di lui raggiunse il massimo splendore».
E poi sèguita spiegando perché Pericle riusciva a guidare la città mentre gli altri, quelli venuti dopo di lui, non ne erano capaci.
«La ragione era che egli era personaggio potente, per prestigio e lucida capacità di giudizio, assolutamente trasparente e incorruttibile, reggeva saldamente il popolo senza però violare la libertà e non si faceva guidare da esso più di quanto non lo guidasse lui, poiché non cercava di conseguire il potere con mezzi impropri e perciò non era costretto a parlare per compiacere l’uditorio. Il suo potere si fondava sulla considerazione di cui godeva.

Busto di Pericle, copia romana di un originale greco. Berlino, Altes Museum.

[...] Di nome, a parole era una democrazia, di fatto il potere del primo cittadino.»
Questa immagine della «democrazia solo a parole, ma di fatto governo del principe», ha avuto una vitalità lunghissima.
Si potrebbe dire che l’idea stessa di princeps nella realtà politica della Roma tardorepubblicana prende le mosse da Pericle. [...] Cicerone [...] ha l’idea che dalla difficoltà strutturale della repubblica si uscirà attraverso un princeps, e lo delinea esattamente con le parole con cui Tucidide descrive il potere di Pericle.
[...] Non è l’unica immagine di Pericle che abbiamo. All’opposto si pone la più celebre raffigurazione di lui, che si incontra nel Gorgia di Platone. [...] [Platone] rimprovera a Pericle proprio l’oratoria demagogica, l’assecondare l’assemblea, e per questo, dice il Socrate del Gorgia, «ha reso gli Ateniesi peggiori di quello che erano». Non soltanto lo condanna per questa oratoria demagogica, ma anche perché per primo introdusse un salario per i pubblici uffici.

Il salario per ricoprire una carica, che è l’architrave del meccanismo democratico ateniese.
[Pericle] conduce una politica che Tucidide ammira, incentrata su due cardini: i lavori pubblici e l’aggressività imperiale.
Quando si dice l’Atene di Pericle, si pensa a quella grande politica edilizia: il Partenone, l’Atena Parthènos ovviamente sono segni durevoli. Straordinaria politica di lavori pubblici consistente nell’impiegare masse di lavoratori salariati a due oboli la giornata, che non è un prezzo troppo elevato per una politica edilizia che ha cambiato la faccia di Atene.
[...] Ma per ottenere consenso, non coatto, bisognava contemperare due elementi: il salario per tutti e la continua spinta ad ampliare l’impero, che significava guerra. [...] Ma qual è il fine della spinta ad allargare l’impero?

Serve ad ampliare le entrate, ad avere più risorse per alimentare il demo. È qui il nesso tra consenso e politica imperialistica.

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