Sommario
Vita quotidiana
Un'infernale società rurale - Introduzione La vita degli uomini comuni: l’incubo della fame La vita dei ricchi: voglia di esagerare La vecchiaia: mai fidarsi dei giovani! Carnevale, giorni di straordinaria follia

La vecchiaia: mai fidarsi dei giovani!


L'autore
Lawrence Stone

Lawrence Stone (1919-1999) studia storia a Oxford. Si reca a Parigi alla Sorbona, dove conosce i metodi di ricerca storiografica proposti dalla «scuola degli Annales» da cui rimane aff ascinato. Nel 1963 si trasferisce negli Stati Uniti per insegnare storia moderna inglese all’Università di Princeton (New Jersey). Fra i suoi lavori ricordiamo La crisi dell’aristocrazia. L’Inghilterra da Elisabetta a Cromwell (The Crisis of the Aristocracy, 1558-1641) e Famiglia, sesso e matrimonio in Inghilterra tra Cinque e Ottocento.

Nell’Europa occidentale la famiglia era composta solitamente da non più di quattro o cinque persone: si trattava, dunque, della cosiddetta «famiglia nucleare» costituita da una coppia e dai suoi figli. Il numero di figli era limitato, e i vecchi erano pochissimi.

Uno degli aspetti fondamentali che distinguono la società premoderna dalla nostra è dato dal fatto che, a fronte del numero enorme di giovani affamati di potere e ricchezze, i vecchi da rispettare o da disprezzare, da accudire o da trascurare, in realtà erano assai pochi. Nell’Inghilterra settecentesca le persone oltre i sessant’anni costituivano al massimo l’8 per cento della popolazione, rispetto al 19 per cento di oggi.

L’anzianità era senza dubbio il principio al quale la società informava le sue istituzioni – le chiese, le corporazioni, le municipalità, le università – e il pensionamento obbligatorio era ancora da venire. In pratica, però, i vecchi erano pochi, e allora come oggi le posizioni di autorità erano occupate soprattutto da uomini in età compresa tra i quaranta e i cinquant’anni. I pochi che arrivavano ai sessanta spesso ottenevano incarichi di prestigio soltanto in virtù della loro longevità [...].

Domenico Ghirlandaio, Ritratto di vecchio con nipote, 1490 circa. Parigi, Louvre.

Man mano che la loro forza fisica diminuiva, per questi pochi vecchi sopravvissuti l’unico modo per garantirsi il rispetto, e il sostentamento, consisteva nell’aggrapparsi tenacemente alla carica, alla proprietà, al potere.

I vecchi che vivevano soli erano relativamente pochi, in parte perché, appunto, non erano molti in assoluto, in parte perché spesso riuscivano a tenersi accanto una figlia nubile, che provvedeva ad accudirli.

Una società giovane

Ma non erano molte nemmeno le famiglie in cui fossero presenti tre generazioni e, quando accadeva, l’elemento di coesione non era l’affetto, bensì la necessità economica e il vincolo legale.

Una società giovane

Nell’Europa preindustriale la vita media era estremamente breve: 34 anni per le donne, 28 anni per gli uomini. Altissima era soprattutto la mortalità infantile: su mille bambini nati vivi, 150-350 morivano nel primo anno di vita; altri 100 o 200 prima di raggiungere i 10 anni. Per comprendere l’enormità di questo dato si pensi che attualmente in Italia muoiono nel primo anno di vita circa 8 bambini su mille.

I vecchi erano pochi, gli ultrasessantenni costituivano il 5-8% della popolazione. La società, dunque, era estremamente giovane: nel 1574 circa il 35% degli abitanti di Colonia non raggiungeva i 15 anni; in quella stessa epoca, l’età media dei cittadini di Ginevra era di 23 anni; mentre quella degli Inglesi, alla fine del Seicento, di circa 27.

La convenzione infatti, racchiusa nella Bibbia, raccomandava: « Finché vivi e c’è respiro in te / non abbandonarti in potere di nessuno. / È meglio che i figli ti preghino / che non rivolgerti tu alle loro mani ». Se un contadino, col declinare della prestanza fisica, devolveva il suo podere al figlio, in genere stava bene attento a garantirsi che l’obbligo per quest’ultimo di provvedere al suo sostentamento venisse specificato fin nei più minuti dettagli da un atto legale, stabilendo persino il numero delle candele che avrebbe dovuto fornirgli, e la libertà di accedere al fuoco della cucina. Il mancato rispetto di una qualsiasi delle clausole comportava la revoca immediata della cessione. I genitori del Seicento non si facevano alcuna illusione sul modo in cui li avrebbero trattati i figli avendone la possibilità: «Non esiste prigione più scomoda per un genitore della casa di un figlio o di una figlia».

La conclusione è inevitabile: nell’Inghilterra (e nell’America) premoderna i vecchi venivano rispettati solo fino a quando conservavano il controllo sulla proprietà, e dunque il potere di imporre l’obbedienza ai figli.

Il regime demografico preindustriale

La sorte di chi non possedeva nulla era davvero tragica, ridotto com’era alla fame e alla mendicità, alla mercé dell’assistenza istituzionalizzata ai poveri in Inghilterra, delle inadeguate e capricciose risorse della carità privata, altrove.

Il regime demografico preindustriale

La caratteristica fondamentale del regime demografico dell’Europa d’Antico regime preindustriale è la stabilità: tra il 1300 e il 1700 la popolazione europea passò da 80 a 115 milioni, segnando nell’arco di quattro secoli un incremento del 30%. Si tratta di un incremento assai modesto se paragonato alla crescita straordinaria della popolazione che si produsse nell’epoca contemporanea. Si pensi che la popolazione europea tra il 1770 e il 1870 passò da 140 a 280 milioni: in un secolo raddoppiò, con un incremento del 100%! La stabilità demografica dell’Europa preindustriale fu in primo luogo il prodotto dell’alternarsi di fasi di crescita e di crisi. Nella sostanza, la tendenza all’aumento della popolazione venne fortemente contenuta dal riprodursi ciclico di grandi catastrofi demografi che determinate dalle guerre, dalle carestie e dalle epidemie. Spesso queste calamità si combinavano fra loro: in tempo di guerra, alla devastazione dei campi da parte degli eserciti faceva inevitabilmente seguito la carestia e alla carestia la peste.

La stabilità demografica fu determinata anche dalla pratica del matrimonio tardivo. A differenza di quanto avveniva nelle altre civiltà, in Europa il matrimonio non si collocava infatti all’inizio dell’età feconda: le donne si sposavano verso i 20/25 anni, i maschi verso i 25/29. Si riduceva così il periodo dell’unione feconda e quindi il numero delle nascite. Questo ritardo era determinato dal fatto che nell’Europa preindustriale, dopo il matrimonio, la nuova famiglia andava ad abitare in una propria casa e necessitava di una fonte di reddito ossia, nella maggioranza dei casi, di terra da coltivare. Ma la disponibilità di terra e di case era limitata, sicché era necessario attendere che la scomparsa della generazione precedente facesse spazio alla nuova famiglia. In questo modo, il matrimonio fungeva da regolatore delle nascite e ciò spiega il rapido incremento della natalità dopo le grandi epidemie e carestie.

Normalmente, però, solo i più ricchi si potevano permettere una vasta prole: infatti, quando il numero di neonati sopravvissuti era eccessivo rispetto alle possibilità di sostentamento della famiglia, i bambini venivano affi dati a qualche benestante che aveva bisogno di manodopera. Per evitare questo problema si ricorreva anche ad altre forme di controllo delle nascite. Piuttosto praticato era l’infanticidio, sia nella forma dell’incuria per il neonato che in quella dell’abbandono. A partire dalla fi ne del Seicento e limitatamente ai gruppi sociali più elevati, è stata inoltre rilevata anche una crescita delle pratiche contraccettive: tra i poveri la contraccezione si diffonderà solo nel corso dell’Ottocento, a partire soprattutto dalla Francia.

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