La vecchiaia: mai fidarsi dei giovani!
Nell’Europa occidentale la famiglia era composta solitamente da non più di quattro o cinque persone: si trattava, dunque, della cosiddetta «famiglia nucleare» costituita da una coppia e dai suoi figli. Il numero di figli era limitato, e i vecchi erano pochissimi.
Uno degli aspetti fondamentali che distinguono la società premoderna dalla nostra è dato dal fatto che, a fronte del numero enorme di giovani affamati di potere e ricchezze, i vecchi da rispettare o da disprezzare, da accudire o da trascurare, in realtà erano assai pochi. Nell’Inghilterra settecentesca le persone oltre i sessant’anni costituivano al massimo l’8 per cento della popolazione, rispetto al 19 per cento di oggi.
L’anzianità era senza dubbio il principio al quale la società informava le sue istituzioni – le chiese, le corporazioni, le municipalità, le università – e il pensionamento obbligatorio era ancora da venire. In pratica, però, i vecchi erano pochi, e allora come oggi le posizioni di autorità erano occupate soprattutto da uomini in età compresa tra i quaranta e i cinquant’anni. I pochi che arrivavano ai sessanta spesso ottenevano incarichi di prestigio soltanto in virtù della loro longevità [...].
Man mano che la loro forza fisica diminuiva, per questi pochi vecchi sopravvissuti l’unico modo per garantirsi il rispetto, e il sostentamento, consisteva nell’aggrapparsi tenacemente alla carica, alla proprietà, al potere.
I vecchi che vivevano soli erano relativamente pochi, in parte perché, appunto, non erano molti in assoluto, in parte perché spesso riuscivano a tenersi accanto una figlia nubile, che provvedeva ad accudirli.
Ma non erano molte nemmeno le famiglie in cui fossero presenti tre generazioni e, quando accadeva, l’elemento di coesione non era l’affetto, bensì la necessità economica e il vincolo legale.
La convenzione infatti, racchiusa nella Bibbia, raccomandava: « Finché vivi e c’è respiro in te / non abbandonarti in potere di nessuno. / È meglio che i figli ti preghino / che non rivolgerti tu alle loro mani ». Se un contadino, col declinare della prestanza fisica, devolveva il suo podere al figlio, in genere stava bene attento a garantirsi che l’obbligo per quest’ultimo di provvedere al suo sostentamento venisse specificato fin nei più minuti dettagli da un atto legale, stabilendo persino il numero delle candele che avrebbe dovuto fornirgli, e la libertà di accedere al fuoco della cucina. Il mancato rispetto di una qualsiasi delle clausole comportava la revoca immediata della cessione. I genitori del Seicento non si facevano alcuna illusione sul modo in cui li avrebbero trattati i figli avendone la possibilità: «Non esiste prigione più scomoda per un genitore della casa di un figlio o di una figlia».
La conclusione è inevitabile: nell’Inghilterra (e nell’America) premoderna i vecchi venivano rispettati solo fino a quando conservavano il controllo sulla proprietà, e dunque il potere di imporre l’obbedienza ai figli.
La sorte di chi non possedeva nulla era davvero tragica, ridotto com’era alla fame e alla mendicità, alla mercé dell’assistenza istituzionalizzata ai poveri in Inghilterra, delle inadeguate e capricciose risorse della carità privata, altrove.