Sommario
Protagonisti
Fede e potere - Introduzione Il dramma privato di Lutero Carlo V, la gloria della sconfitta L’infaticabile Calvino Ignazio: ritratto di un duro Filippo II, «el Rey Prudente» Elisabetta, la regina vergine Il manager della carità

Carlo V, la gloria della sconfitta


Che l’imperatore Federico II sia stato un personaggio di grande interesse è noto a tutti. La sua vita, certamente non facile sin dalla prima infanzia anche per la situazione conflittuale nella quale si venne a trovare, è qui descritta nei suoi aspetti quotidiani, nelle sue passioni e nei suoi interessi. Alcuni dei quali, veramente fuori del comune.

Un’infanzia poco felice

Carlo V nacque il 24 febbraio 1500, a Gand. Molto presto fu chiamato alle responsabilità connesse al suo rango: a 15 anni fu dichiarato maggiorenne e divenne governatore della Borgogna; a 16 ereditò da suo nonno Ferdinando il Regno di Spagna; a 19 anni divenne imperatore.

La sua infanzia non fu felice. Il padre, Filippo d’Asburgo, morì improvvisamente, forse avvelenato, il 25 settembre 1506. La madre aveva dato fin dal 1503 segni di instabilità mentale: la morte del marito compromise definitivamente la sua salute, tanto che venne soprannominata Juana «la Loca», cioè Giovanna la Pazza, e da allora in poi visse reclusa in un palazzo a Tordesillas.

Carlo V studiò sotto la guida di maestri d’eccezione, quali Adriano da Utrecht (il futuro papa Adriano VI), ma non conosceva né lo spagnolo né il tedesco. Parlava correntemente solo il francese: un fatto paradossale per un uomo destinato a scontrarsi tutta la vita proprio con la Francia.

L'incoronazione di Carlo V in una vetrata della cattedrale di Bruxelles, in Belgio.

Un lieve difetto fisico...

Nei quadri che ritraggono Carlo V possiamo osservare un particolare del volto dell’imperatore: la mascella prominente, propria di molti Asburgo. In Carlo V però questa caratteristica era accentuata a tal punto che egli non poteva chiudere bene la bocca. A questo proposito si raccontavano molti aneddoti: pare tra l’altro che un contadino spagnolo, vedendo il sovrano con la bocca aperta, gli avesse detto: «Attento, Sire, qui le mosche sono insolenti!».

Sembra anche che Carlo V avesse problemi di respirazione, forse determinati da uno sviluppo anomalo delle tonsille. Certamente soffrì di asma sin da giovane. Più tardi, avrebbe patito molto a causa della gotta e della sifilide.

L'imperatore era di statura media, di corporatura proporzionata. Il volto era piuttosto pallido e l'espressione austera

Leone Leoni, ritratto di Carlo V, fatto a Milano tra il 1554 e il 1556. Londra, Victoria and Albert Museum.

... e un appetito insaziabile

Carlo V era un uomo di poche parole, scarsamente affabile, malinconico e piuttosto avaro. Per questo non era molto amato da chi gli stava intorno.

Nutriva una vera passione per l'equitazione, la scherma e la caccia, ma soprattutto amava i piaceri della tavola. Anche a questo proposito fiorirono numerose leggende, come quella secondo cui, vedendo l'imperatore ingozzarsi, il suo maggiordomo avrebbe detto: «I re indubbiamente si immaginano che il loro stomaco e il loro organismo siano differenti da quelli degli altri uomini».

L’imperatore era instancabile nell’affrontare le questioni di governo. Pretendeva di essere informato su tutto, leggeva tutte le relazioni, prendeva appunti durante le riunioni con i suoi consiglieri. Una volta scrisse al ministro inglese Thomas Wolsey che, se si fossero incontrati, avrebbero concluso in un giorno solo più di quanto i loro ambasciatori avrebbero potuto fare in un anno intero.

Non era impulsivo ma, una volta presa la decisione, era risoluto nel portarla a compimento.

Il palazzo di Alhambra, presso Granada, in Spagna.

Il giorno dell’abdicazione

Il 28 ottobre 1555 Carlo V pronunciò a Bruxelles un discorso con il quale annunciava la rinuncia al governo dei Paesi Bassi e l’intenzione di abdicare, come in effetti fece l’anno successivo.

In quell’occasione, dichiararono di volersi ritirare anche due sorelle dell’imperatore: le regine Maria ed Eleonora. Anch’esse, specialmente Maria, avevano partecipato attivamente alla vita politica: insomma, un’intera generazione decise di allontanarsi volontariamente dal potere.

Il discorso di abdicazione

Karl Brandi, un grande storico, autore di una famosa biografia di Carlo V, vede in questa scelta uno dei segni dello stile grandioso dell’età del Rinascimento. In effetti, quando Carlo, Maria ed Eleonora annunciarono di volersi ritirare, si svolse una scena che probabilmente non ha equivalenti in tutta la storia.

Il discorso di abdicazione

Quello che segue è un brano del discorso del 28 ottobre 1555, con cui Carlo V annunciò la sua abdicazione.

Non la pretesi [la dignità imperiale] con ambizione sfrenata di comandare su molti regni, bensì per mirare al bene e alla comune salute di Germania, mia patria molto amata, e dei restanti miei regni, particolarmente quelli di Fiandra, e alla pace e concordia della cristianità, che per quanto fosse in me dovevo perseguire, e per porre le mie forze e quelle di tutti i miei regni nell’incremento della religione cristiana contro il Turco. Ma, sebbene fosse questo il mio zelo, non potei soddisfarlo come volevo, per il disturbo e imbarazzo che mi è stato fatto in parte dalle eresie di Lutero e degli altri innovatori eretici di Germania, in parte dai prìncipi vicini e da altri, che per inimicizia e invidia mi sono sempre stati contrari mettendomi in pericolose guerre, dalle quali col favore divino fino a oggi sono uscito felicemente [...]. La metà del tempo ebbi grandi e pericolose guerre, delle quali posso dire in verità che le feci più per forza e contro volontà che cercandole, né fornii occasione per esse. E in quelle che mi fecero contro i nemici resistei con il valore che tutti sanno. [...] Sapete che per governare e amministrare questi Stati e gli altri che Dio mi diede non ho più forze, e che le poche che sono restate si spegneranno presto. [...] E poiché ormai mi sento tanto stanco, che non vi posso essere di alcun aiuto, ho deciso di rinunciare a questi Stati. E non voglio che pensiate che faccio ciò per liberarmi da molestie, preoccupazioni e fatiche, bensì perché vi vedo in pericolo di subire grandi inconvenienti, che potrebbero venirvi dalle mie infermità. Pertanto, ho deciso di passare poi in Spagna e dare a mio figlio Filippo il possesso di questi Stati e al mio fratello, il re dei Romani, l’impero.

Attendendo la morte

L’imperatore e le due regine si stabilirono definitivamente nella loro ultima residenza il 5 febbraio 1557. Si trattava di una villa che era stata costruita accanto al monastero di Yuste, in Spagna.

Una delle stanze del piano superiore aveva un accesso diretto alla chiesa del convento, ma l’imperatore poteva seguire le funzioni anche restando nella sua camera, da dove poteva vedere l’altare maggiore.

Carlo V aveva anche una biblioteca, per la verità piuttosto modesta. Leggeva spesso le Sacre Scritture in una traduzione francese e poiché la lettura della Bibbia in volgare era proibita, l’imperatore si era fatto dare una speciale autorizzazione dall’Inquisizione. Anche nella calma di Yuste giungevano le notizie degli scontri politici e Carlo V era stato troppo a lungo immerso in quelle vicende per non sentirsi coinvolto. Talora così interveniva proponendo il suo consiglio. In ogni caso respinse sempre tutte le richieste di chi voleva che tornasse ad assumere qualche potere.

Verso la fine dell’estate 1558, Carlo V si prese un brutto raffreddore, che si accompagnò a un generale peggioramento delle sue condizioni. In questo periodo fece celebrare ogni giorno dei grandi uffici funebri per il padre e il nonno, l’imperatore Massimiliano d’Asburgo. Ma non è vero che abbia fatto celebrare una messa funebre per se stesso: questa è una leggenda. Morì il 21 settembre 1558.

Il potere universale dell'Imperatore

Nel 1607 Pieter Paul Rubens dipinse l’Allegoria di Carlo V dominatore del mondo durante un soggiorno in Italia, mentre si trovava a Mantova, presso il duca Vincenzo Gonzaga. Dopo quasi cinquant’anni dalla sua morte (1558), dunque, Carlo V era ancora celebrato come sovrano universale.

L’Allegoria di Carlo V dominatore del mondo, Pieter Paul Rubens.

  1. ​​​​​​​Scettro. Lo scettro è il simbolo dell’autorità riconosciuta all’imperatore: il rispetto per la sua saggezza e l’obbedienza alle leggi da lui emanate, in quanto guida degli uomini. Carlo V impugna lo scettro con forza, a dimostrazione del fatto che il suo potere non vacilla.
  2. Corona. La corona raggiata è il simbolo della regalità imperiale; il cerchio con i gigli è un altro emblema reale. La corona non è calzata ma è appoggiata di fianco a Carlo, quasi a contatto con il cielo, a sottolineare che il potere deriva da Dio.
  3. Aspetto fisico. La cornice in cui è posto l’imperatore è completamente destoricizzata. I tratti personali di Carlo sono messi in secondo piano rispetto all’affermazione del valore universalistico che incarna il personaggio.
  4. Globo. Carlo V poggia lo scettro sul globo terrestre. È la parte più significativa del dipinto e testimonia che il potere dell’imperatore si estendeva su tutta la terra: sul suo impero «non tramontava mai il Sole».
  5. Abbigliamento. L’imperatore ha l’armatura, che richiama le sue numerose campagne militari, ma indossa anche un sontuoso drappo ricamato in oro che sottolinea la dignità regale. Inoltre, dal collo di Carlo pende il simbolo del Toson d’oro, il prestigioso ordine cavalleresco fondato nel 1430 dal duca Filippo il Buono, che aveva l’incarico sia di difendere la cristianità dagli infedeli sia di rinsaldare i legami tra la nobiltà e il sovrano.
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