Sommario
Protagonisti
Fede e potere - Introduzione Il dramma privato di Lutero Carlo V, la gloria della sconfitta L’infaticabile Calvino Ignazio: ritratto di un duro Filippo II, «el Rey Prudente» Elisabetta, la regina vergine Il manager della carità

Filippo II, «el Rey Prudente»


Solitario, taciturno, rigoroso, Filippo II fu un lavoratore instancabile. Un «re prudente» che pretese di occuparsi personalmente di ogni questione.

L’infanzia e la giovinezza

Figlio di Carlo V e di Isabella del Portogallo, Filippo II nacque a Valladolid, il 21 maggio 1527. Primogenito dell’uomo più potente dell’epoca, Filippo visse probabilmente l’infanzia e la giovinezza stretto nei doveri dell’etichetta e del suo ruolo. Tutto lascia pensare che non ebbe un’infanzia libera: lo troviamo circondato da uomini di corte, precettori e da sua madre, la bella principessa portoghese, l’unica donna che Filippo abbia profondamente amato.

Fino al 1535, Filippo venne allevato insieme alla sorella Maria, di un anno più giovane, nella corte della madre.

Quando aveva solo dodici anni, nel 1539, la madre morì. Fu lui a stare in testa al corteo funebre e a portare il feretro nella cripta dei suoi avi.

Iniziò per lui una vita «da adulto»: solitario e taciturno, incline alla meditazione, in questo periodo intensificò gli studi e assunse le prime responsabilità di principe ereditario. Amava la solitudine ma ben di rado aveva occasione di isolarsi: la sua corte contava 191 persone tra precettori, paggi, cuochi, cappellani e uno stuolo di domestici.

Un padre prestigioso e ingombrante

Il padre, l’imperatore, era sovente lontano ma sapeva essere attento all’educazione del principe. Per Filippo preparò ben quattro Istruzioni in cui impartiva insegnamenti e consigli per il futuro. Le lettere e le istruzioni erano una sintesi dell’arte di governo, un monumento di prudenza e di preveggenza. Padre tenero ma anche severo, quando con il freddo linguaggio dello statista consigliava a Filippo di diffidare dei consiglieri, di tenerli a distanza, di non mostrare mai i propri sentimenti. Queste direttive costituirono per Filippo una sorta di legge per tutta la vita.

Diligente e coscienzioso, assunse fin da ragazzo quel controllo su di sé che non abbandonò più in seguito. Accettò le costrizioni cui venne sottoposto per apprendere il duro mestiere del re. Fece volentieri questo tirocinio, tanto più che sovente fu il padre a fargli da maestro. Un padre prestigioso, forse un po’ ingombrante, che l’infante «interiorizzò» per sempre.

I legami nuziali

Quando nel 1543 fu nominato reggente di Spagna, aveva 16 anni. Anche Filippo fu un protagonista della politica matrimoniale degli Asburgo, che attraverso i legami nuziali estendevano i loro possedimenti. Prese dunque in moglie la giovanissima Maria del Portogallo che morì solo due anni dopo lasciandogli un figlio, don Carlos: un ragazzo difficile, con problemi di salute mentale, che creò non pochi crucci al padre schierandosi con i protestanti. Per ordine del padre, il poveretto finì la sua vita rinchiuso in un carcere fino alla morte, avvenuta nel 1568.

Nel 1554 Carlo V iniziò a preparare il suo ritiro definitivo: fece costruire la villa di Yuste, affidò il Regno di Napoli e di Sicilia al figlio e predispose le nozze di Filippo con Maria Tudor, regina d’Inghilterra. Questo matrimonio aveva il duplice scopo di consolidare il cattolicesimo e di inserire l’Inghilterra nella sfera di influenza asburgica, ma Maria morì senza concepire figli e quando in Inghilterra salì sul trono Elisabetta I questo disegno fu definitivamente sconfitto.

Filippo si sposò altre due volte: nel 1560 con Elisabetta di Valois, di circa vent’anni più giovane. Da lei il re ebbe due figlie femmine a cui fu molto legato per tutta la vita. Nel 1570 infine sposò Anna d’Asburgo, sua nipote. Il re, già avanti con gli anni, si decise al suo quarto matrimonio solo in vista di un erede maschio che nacque nel 1578, il futuro Filippo III.

Anonimo, La mucca da latte. Amsterdam, Rijksmuseum. Le province olandesi si ribellarono a Filippo II, guidati da Guglielmo d'Orange, mentre gli Stati Generali chiesero aiuto a Elisabetta I.

Il mestiere di re

Nel 1555 Filippo assunse il governo dei Paesi Bassi e nel gennaio 1556, dopo l’abdicazione di Carlo V, la corona di Spagna. Si è paragonato Filippo II a un ragno che se ne sta al centro della sua ragnatela. L’attenzione e la cautela con cui durante i primi anni del suo regno gestiva la politica gli valsero l’appellativo di «el Rey Prudente».

Sicuramente lo stile che caratterizzò il suo governo contrastava con quello di quel guerriero giramondo che era stato suo padre. Ma Filippo era convinto che la cosa giusta per il re di Spagna era restare in Spagna. Di proposito, quindi, scelse di governare il suo impero dalla Castiglia, chiuso nell’Escorial, la cupa reggia-monastero di granito grigio.

Filippo voleva esaminare ogni decisone presa dai suoi consiglieri. Questa volontà di centralizzazione finì per creare problemi nella gestione del governo. Le distanze enormi che separavano Madrid dai suoi domini facevano sì che spesso una decisone risultasse superata dagli eventi prima di potere essere messa in atto. Ci volevano almeno due settimane perché una lettera da Madrid raggiungesse Bruxelles o Milano e ci volevano due mesi perché arrivasse in Messico.

Lavoro intenso

Filippo II trascorreva il suo tempo leggendo e scrivendo, occupandosi in prima persona di ogni più piccola questione, di ogni insignificante spesa: il suo tavolo di lavoro era sommerso dalle carte che venivano esaminate una per una.

Educato e cresciuto per fare il re, Filippo II considerò sempre il potere sovrano come potere personale: a nessun collaboratore era permesso di sostituirsi a lui; era rigoroso e intransigente nell’esercizio del potere. Preferiva trattare gli affari di governo per iscritto forse per poter star lontano dalla gente, che non amava affatto. Ma c’era anche un altro motivo: il re odiava dover prendere decisioni immediate e così, se una questione gli veniva presentata per iscritto, aveva modo di prendere tempo e pensarci. Naturalmente questo modo di procedere comportava una mole di lavoro enorme che lo impegnava dalle otto alle nove ore tutti i giorni.

Gli svaghi e la religione

Il tempo per lo svago non era molto, ma Filippo II aveva alcune passioni. Era un grande amante della natura. Insieme alla cura meticolosa dei suoi giardini e delle piante, ebbe un grande interesse per gli animali: ne fece arrivare di ogni specie da tutto il mondo. Nei giardini della residenza di Aranjuez, oltre alle 223 000 piante messe a dimora sotto la sua personale sorveglianza, c’era anche uno zoo: cammelli, struzzi, esemplari rari di uccelli africani, elefanti, rinoceronti, leoni e cigni nei laghetti artificiali costruiti da esperti olandesi.

Gli piaceva la caccia, la musica e l’arte, collezionava quadri pregevoli che lui stesso disponeva sulle pareti. Amava molto i libri e la sua fu la più grande biblioteca privata in Occidente con 14.000 volumi, tra cui moltissimi codici greci, ebraici e arabi.

Ma qualcosa lo confortava più degli svaghi: la religione. Il re prese i propri doveri religiosi molto sul serio. La sua era una religiosità profonda e sincera. I quarantadue libri che teneva vicino al letto erano tutti di argomento religioso. Il re era solito sentire la messa tutti i giorni, ascoltare almeno una volta la settimana una predica; si confessava e comunicava quattro volte l’anno e andava talvolta in ritiro. Non si trattava solo di un dovere formale: molte persone che furono vicino al re riconobbero l’autenticità della sua fede.

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