Sommario
Storia di copertina
Incontri e scontri di civiltà: vino, birra o niente? La cultura alimentare nel Medioevo I Germani visti dai Romani Diffusione della birra e identità cristiana del vino “Questo non lo posso mangiare!” Il digiuno e l’astinenza nella Chiesa Le regole alimentari islamiche

Il digiuno e l’astinenza nella Chiesa


Anche i cristiani hanno le loro regole in materia di alimentazione. In questo caso non si tratta tanto di rifiutare alcuni cibi o concederne altri, quanto di praticare, in determinati periodi dell’anno, il digiuno e l’astinenza, come viene spiegato in questa nota pastorale dell’Episcopato italiano.

Giovanni Antonio Bazzi, detto il Sodoma, Come Benedetto ottiene farina in abbondanza e ne ristora i monaci, particolare. L’opera fa parte di un ciclo di affreschi dipinti per l’abbazia di Monte Oliveto Maggiore (Asciano, Siena) da Luca Signorelli (tra il 1497 e il 1498) e dal Sodoma (dopo il 1505) e dedicati a episodi della vita di san Benedetto da Norcia.

[…] Il digiuno dei cristiani trova il suo modello e il suo significato nuovo e originale in Gesù. È vero che il Maestro non impone in modo esplicito ai discepoli nessuna pratica particolare di digiuno e di astinenza. Ma ricorda la necessità del digiuno per lottare contro il maligno e durante tutta la sua vita, in alcuni momenti particolarmente significativi, ne mette in luce l’importanza e ne indica lo spirito e lo stile secondo cui viverlo.
[…] All’esperienza del digiuno di Gesù la Chiesa nella sua liturgia collega l’istituzione quaresimale: "Egli consacrò l’istituzione del tempo penitenziale – così si canta nella preghiera della Prima Domenica di Quaresima – con il digiuno dei quaranta giorni e vincendo le insidie dell’antico tentatore ci insegnò a dominare le seduzioni del peccato”.
[…] La pratica del digiuno, così come quella dell’elemosina e della preghiera, non è una novità portata da Gesù: egli rimanda all’esperienza religiosa del popolo d’Israele, dove il digiuno è praticato come momento di professione di fede nell’unico vero Dio, fonte di ogni bene, e come elemento necessario per superare le prove alle quali sono sottoposte la fede e la fiducia nel Signore.
[…] In particolare, per il cristiano l’astinenza non nasce dal rifiuto di alcuni cibi come se fossero cattivi: egli accoglie l’insegnamento di Gesù, per il quale non esistono né cibi proibiti né osservanze di semplice purità legale: "Non c’è nulla fuori dell’uomo che, entrando in lui, possa contaminarlo; sono invece le cose che escono dall’uomo a contaminarlo" (Marco 7,15).

Giotto, Il miracolo delle nozze di Cana, affresco del 1303-1305. Padova, Cappella degli Scrovegni. Il dipinto ricorda la tramutazione dell’acqua in vino da parte di Gesù, episodio narrato nel Vangelo di Giovanni (2, 1-11).

[…] La dottrina e la pratica del digiuno e dell’astinenza, da sempre presenti nella vita della Chiesa, assumono una fisionomia più definita negli ambienti monastici del IV secolo, sia con la sottolineatura abituale della frugalità, sia con la privazione del cibo in determinati tempi dell’anno liturgico. Nel medesimo periodo, sotto l’influsso degli usi monastici, le comunità ecclesiali delineano le forme concrete della prassi penitenziale. La pratica antica del digiuno consiste normalmente nel consumare un solo pasto nella giornata, dopo il vespro, a cui fa seguito, abitualmente, la riunione serale per l’ascolto della parola di Dio e la preghiera comunitaria. Si consolida, attraverso i secoli, l’usanza secondo cui quanto i cristiani risparmiano con il digiuno venga destinato per l’assistenza ai poveri e agli ammalati.
[…] Durante l’epoca medioevale e moderna, la pratica penitenziale viene tenuta in grande considerazione, diventando oggetto di numerosi interventi normativi ed entrando a far parte delle osservanze religiose più comuni e diffuse tra il popolo cristiano.
[…] Il digiuno e l’astinenza, nella loro originalità cristiana, presentano anche un valore sociale e comunitario: chiamato a penitenza non è solo il singolo credente, ma l’intera comunità dei discepoli di Cristo. Per rendere più manifesto il carattere comunitario della pratica penitenziale, la Chiesa stabilisce che i fedeli facciano digiuno e astinenza negli stessi tempi e giorni: è così l’intera comunità ecclesiale a essere comunità penitente. Questi tempi e giorni, come scrive Paolo VI, vengono scelti dalla Chiesa “fra quelli che, nel corso dell’anno liturgico, sono più vicini al mistero pasquale di Cristo o vengono richiesti da particolari bisogni della comunità ecclesiale”. Fin dai primi secoli il digiuno pasquale si osserva il Venerdì santo e, se possibile, anche il Sabato santo fino alla Veglia Pasquale; così come si ha cura di iniziare la Quaresima, tempo privilegiato per la penitenza in preparazione alla Pasqua, con il digiuno del Mercoledì delle Ceneri o per il rito ambrosiano con il digiuno del primo venerdì di Quaresima. Mentre il digiuno nel Sacro Triduo è un segno della partecipazione comunitaria alla morte del Signore, quello d’inizio della Quaresima è ordinato alla confessione dei peccati, alla implorazione del perdono e alla volontà di conversione. Anche i venerdì di ogni settimana dell’anno sono giorni particolarmente propizi e significativi per la pratica penitenziale della Chiesa, sia per il loro richiamo a quel Venerdì che culmina nella Pasqua, sia come preparazione alla comunione eucaristica nella assemblea domenicale: in tal modo i cristiani si preparano alla gioia fraterna della “Pasqua settimanale” – la domenica, il giorno del Signore risorto – con un gesto che manifesta la loro volontà di conversione e il loro impegno di novità di vita.

Condividi